Da Il Corriere della Sera:
«Non c’è alcuna ipotesi di accordo. Allo stato non esiste alcuna trattativa tra le parti». Parola di Unicredit, creditore di circa 350 milioni di euro nei confronti di Italpetroli, che nel frattempo ha contrattaccato chiedendo 50 milioni di risarcimento danni più la cancellazione di altri 80 per anatocismo (calcolo degli interessi sugli interessi).
Non è esattamente lo scenario che qualcuno aveva descritto venerdì, dopo le due ore di incontro tra i legali delle due parti negli uffici del professor Cesare Ruperto, presidente del collegio arbitrale che tornerà a riunirsi il 23 giugno. L’intenzione di Ruperto è che al nuovo incontro siano presenti anche Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit, e Rosella Sensi. Due presenze molto importanti, ma soltanto se nei prossimi giorni verranno fatti passi avanti nella trattativa. Passi avanti che, al momento, non ci sono.
Unicredit, attraverso un suo portavoce, ha negato «le notizie apparse in merito alla cessione del 51% di Italpetroli dalla famiglia Sensi al gruppo Unicredit e o alla cessione della As Roma allo stesso gruppo bancario». L’istituto di piazza Cordusio spiega inoltre che « il brevissimo rinvio dell’udienza arbitrale al 23 giugno è un atto previsto dallo stesso regolamento arbitrale». Cancellando così anche un altro particolare che, venerdì, aveva fatto pensare a una soluzione in vista: la vicinanza temporale tra il primo e il secondo incontro tra le parti.
Ma perché è così difficile trovare un punto di contatto tra le richieste di Unicredit e la volontà di Italpetroli? Rosella Sensi, lo sanno tutti, è legata alla Roma in maniera viscerale. La società giallorossa, per lei, non è soltanto una grande vetrina e un ottimo stipendio (da amministratore delegato). È l’eredità dell’amatissimo padre Franco, il presidente del terzo scudetto giallorosso, quello del 2001. La sua gestione della Roma — quattro volte seconda negli ultimi cinque campionati, vincitrice di due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana— ha abbinato i risultati a un ferreo autofinanziamento. Se il fair play finanziario che Michel Platini vuole per il calcio del futuro fosse già entrato in vigore, la Roma non avrebbe alcun problema.
La gestione della situazione non è facile neppure per Unicredit. Ricevere la Roma (e altri assets di Italpetroli) come compensazione del credito porterebbe con sé almeno due gravi problemi: 1) Unicredit sarebbe costretta a un’Opa sul 33% del capitale sparso tra i piccoli azionisti della Roma (valore di circa 35 milioni); 2) gestire una società calcistica, anche solo temporanemente in attesa di un compratore, è un impegno gravoso per una banca. Tanto più una società di vertice come la Roma, con una tifoseria appassionata e caldissima. Chi si occuperebbe, per esempio, della campagna acquisti? E a chi sarebbe data la colpa nel caso in cui uno dei grandi giocatori della Roma, spaventato dalla situazione di incertezza, chiedesse e ottenesse di essere venduto? Ecco perché, secondo alcuni, per Unicredit sarebbe preferibile la liquidazione di Italpetroli e la nomina di un curatore.
Non esattamente lo scenario di un accordo. Da qui al 23 giugno il lavoro da fare è immenso.