Attraverso un excursus storico che prende in esame le scelte dei campioni che lo hanno preceduto, Il Romanista prova ad anticipare le preferenze domiciliari di Adriano e capire in quale quartiere di Roma l’Imperatore sceglierà di prendere casa. (L’importante, viene da dire, è che non prenda residenza in qualche pub). Testuale:
Lo confesso, le vie di Roma sono un mio pallino. Mi piace, ad esempio, passare davanti a Palazzo Massimo, a quattro passi dalla stazione Termini e pensare che proprio lì, dal 1914, visse e studiò il giovanissimo Ettore Majorana, uno dei massimi geni di ogni tempo. Allo stesso modo mi colpisce molto passare per via Fusco. Chi era Alfredo Fusco? Un tenente dell’aviazione italiana, scomparso nel febbraio del 1941, che come recita la motivazione della sua medaglia d’oro al valor militare, durante: «una incursione di bombardieri nemici, scortati da numerosi caccia, si levava per primo in volo all’allarme benché fosse in turno di riposo.
Conscio del pericolo cui si esponeva prendeva quota immediatamente e da solo impegnava combattimento, attirando contro sé l’intera formazione nemica, riuscendo così a distoglierne l’offesa dall’obiettivo prefisso». Al tenente Fusco, scomparso eroicamente nei cieli d’Albania venne anche intitolata una strada, alla Balduina e… proprio lì, nel 1980 si stabilì a vivere l’Ettore Majorana del calcio: Paolo Roberto Falcao. Il Divino ha grandi ricordi di quella zona: «Il Colosseo – dice Falcao – l’ho visto solo pochi giorni prima di ripartire per il Brasile e posso dire che Roma ho imparato a conoscerla solo dopo aver smesso di giocare a pallone. Di quegli anni i ricordi veri sono legati alla casa di Via Fusco». Per il resto, per quello che riguarda la toponomastica romanista si deve evidenziare un vero spartiacque fra la prima generazione di stranieri della Lupa e quella che si radicherà nella capitale all’indomani degli Anni 60. Arturo Chini Luduena, il primo straniero della nostra storia all’ inizio degli Anni 30 viveva a Via Cassiodoro, a quattro passi da Piazza Adriana e dalla sede della Fortitudo, nel rione Borgo. E’ ancora la Roma dei rioni in cui tutti conoscono tutti, in cui non esistono divi e non esiste separazione tra la gente e i suoi beniamini. Del resto, Herbert Burgess, tecnico di quegli anni, prima di tornarsene nella sua Manchester, aveva preso dimora addirittura ai margini del campo di Testaccio, in un piccolo casale con tanto di stemma sociale le cui finestre davano direttamente sull’area di rigore del campo. All’argentino Scopelli venne invece trovata una casa a San Saba, rione che doveva la propria urbanistica proprio a Quadrio Pirani, lo stesso architetto che aveva progettato le case popolari di Testaccio. Ancora nel 1942, Pantò, l’argentino che contribuirà al primo scudetto della Lupa, si stabilirà a Via Dei Gracchi, praticamente adiacente a Via Cassiodoro, a un tirò di schioppo da Viale Giulio Cesare. Dopo gli Anni 60, questa completa assimilazione degli stranieri nel tessuto popolare romano subì una prima trasformazione. Non si trattava, di una svolta snobistica, il cambiamento più che altro nasceva dall’esigenza di tranquillità che la società avvertiva per i propri atleti. Prototipo di questo nuovo corso è Pedro Manfredini, come Daniele De Rossi innamorato perso del mare. Quando “Piedone” lascerà l’Italia per andare a giocare in Cile, dirà di aver trascorso il periodo più bello della sua carriera proprio in quel paese: «Vivevo a Santiago del Cile, dopo la partita andavo a casa in metropolitana e alla fine degli allenamenti me ne andavo a pescare». Un uomo di questa tempra non poteva che scegliere di vivere a Spinaceto aprendo un Bar a Ostia, meta delle sue irrinunciabili escursioni da pescatore. Il calcio, i suoi protagonisti, il mondo stesso sta cambiando e tutto diventa più veloce. La casa, spesso, è un albergo. La soluzione venne adottata dal taciturno Dino Da Costa, che divise con il portiere Panetti la residenza a Via Monteverdi, a ridosso del verde e della pace di Villa Borghese. Più tardi, all’inizio degli Anni 60, Luis Del Sol, con Zigoni e Vieri si accasò all’Hotel Leonardo Da Vinci, per non parlare della folla di giocatori romanisti, Cerezo compreso, che soggiornarono per un periodo, più o meno lungo, all’Hotel Villa Pamphili. La nostra carrellata si chiude con Casal Palocco. Nel film “Caro Diario”, Nanni Moretti dice: «Casal Palocco: passando accanto a queste case sento tutto un odore di tute indossate a posto dei vestiti, un odore di videocassette, cani in giardino a fare da guardia e pizze già pronte in scatole di cartone. Ma perché sono venuti a vivere quaggiù 30 anni fa? Dicono: “Ma guardi che verde, la tranquillità?” Ma negli anni 60 Roma era bellissima». Da Batistuta a Mexes e Menez i lupi hanno iniziato a scegliere Casal Palocco, come loro dimora. C’è una distanza nuova, figlia dei tempi, ora siamo curiosi di osservare la scelta di Adriano.