Da Il Romanista:
“Roma? La mia città e un pezzo della mia vita. Penso che il mio lavoro sia stato riconosciuto. E’ stata una grande avventura, tante persone con cui ci siamo dati molto. Totti e De Rossi sono la continuità e l’eccellenza della romanità”. È un Luciano Spalletti carico ma anche nostalgico quello che è tornato a parlare dalle colonne de La Repubblica.
In tanti come lui hanno scelto di allenare all’estero, in particolar modo in Inghilterra. Perché questa voglia di made in Italy fuori ma non in patria?“I tecnici italiani sono bravi e completi. E’ il nostro lavoro che in Italia va rivisto. Io vedo l’allenatore come selezionatore e manager, sarebbe più coerente: qui uno sceglie i giocatori e l’altro li allena. E poi se molti vanno in Europa, se la scuola è riconosciuta, perché tanti esoneri? Ci vuole serenità e pazienza, migliorare gli staff di osservatori, lavorare sulla squadra e non solo sul singolo. La mia, in ogni caso, non è una fuga”.
Dalla Roma allo Zenit: da un bugdet inesistente a un portafoglio infinito. Bel passo in avanti no?
“Lo Zenit è una buona squadra che punta in alto. Ha disponibilità ma c’è un bilancio. Loro di cono, questo per le strutture, questo per il settore giovanile e questo per il mercato: e con quello si fa». Certo che sembrano lontani i tempi in cui faceva impazzire i tifosi giallorossi: Inventammo insieme il 4-2-3-0, lo chiamavamo così. Comunque mantengo un rapporto stretto con quella che è stata la mia vita. Io mantengo tutto quello che ho passato”.