Da La Gazzetta dello Sport:
«Una sera sono passato all’Ermitage. Sono rimasto qualche minuto a guardare incantato la facciata del Museo. Mia moglie Tamara e i miei due figli arriveranno a San Pietroburgo la prossima settimana. E la prima tappa sarà la visita all’Ermitage. Voglio vivere a 360˚ quest’avventura». Arriva da lontano la voce di Luciano Spalletti. Mac’è elettricità nelle sue parole. Il campionato russo è pronto a partire. «Qui è tutto diverso. Cinque squadre di A hanno campi in sintetico. Per effettuare alcune trasferte serviranno 5 ore di volo e convivere con tre ore di fuso orario. Potrà capitare di giocare sulla neve oppure ai 40 gradi di Rostov. Devo andare avanti?».
Prego.
«Spesso scenderemo in campo alle undici di mattina. Il campionato russo sembra la Nba».
C’è il problema della lingua.
«Ho già imparato una decina di parole. Quelle che mi servono dentro lo spogliatoio».
Si esibisca.
«Harasciò vuol dire “bene”. Il mio russo si spinge fino ad “allenati bene”, “muoviti bene”. Per fortuna la parola gol è uguale in tutto il mondo».
Ha imparato a dire «vincere»?
«No. Mi piace più “lavorare”».
Lo Zenit doveva effettuare una campagna acquisti hollywoodiana.
«Invece abbiamo chiuso il bilancio in pareggio. Mi aspettavo qualcosa in più, ma il mercato è aperto fino all’8 aprile. Spero di piazzare qualche colpo importante».
Che calcio si gioca nella A russa?
«C’è molta fisicità. Direi che il modello è la Bundesliga».
Che calcio proporrà lo Zenit?
«Partirò dal mio classico 4-2-3-1 cercando di sfruttare la fantasia dei miei giocatori. Penso al portoghese Danny, a Rosina, a Huszti. A Lazovic che abbiamo acquistato dal Psv. Mi aspetto molto anche da Kerzhakov, la prima punta. Un investimento tecnico ed economico importante. Vorrei, però, che fosse chiara una cosa: lo Zenit non è la squadra da battere. È una delle favorite con Rubin e le quattro grandi di Mosca: Spartak, Cska, Lokomotiv e Dinamo. Proveremo a mettere la testa avanti».
Il suo primo impatto con la stampa russa.
«I giornalisti di qui sono curiosi. Come quelli italiani».
Ha già incontrato la nostra comunità a San Pietroburgo?
«Non ho avuto ancora il tempo. Siamo stati in ritiro in giro per il mondo. Da più di un mese vivo con la valigia in mano. A San Pietroburgo era impossibile allenarsi, anche oggi ci sono due metri di neve. Qualche tifoso della Roma, però, si è già fatto avanti».
Il passato non si dimentica
«Mi piacerebbe che la Roma vincesse lo scudetto. Mi è rimasta sulla pelle. E’ più che mai un affare di famiglia. Il giorno che chiusi con la Roma i figli mi chiesero: “Babbo, ma noi possiamo ancora andare a vedere la nostra Roma?”. Avevano uno sguardo disperato. La Roma è e resterà in casa Spalletti. Mio figlio Samuele mi ha chiamato mentre era sugli spalti per Roma-Milan. Che emozione risentire l’urlo della curva Sud».
Manchester-Milan è finita 7-2. Resta l’Inter.
«Ma con Nesta e Pato la squadra di Leonardo poteva vincere. L’Inter entrerà nelle prime otto di Champions».