Roma, Roma, Roma. In cima al Gianicolo, dove il sogno sta di fianco alla luna

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Passerà un’ora. Un giorno, un anno.
E cambierà il mondo, nel frattempo.
Che io – certe volte – sapessi almeno cantare una canzone…
Luna, luna, luna. Direi.
Suonerebbe come un jingle.
Roma, Roma, Roma.
La veduta del Gianicolo è una bomboniera che poggia sulle ante della Capitale. Tutt’intorno, quand’è sera che sembra quasi notte. Pare un vulcano spento. Un mezzo scarabocchio appuntato su un best seller. Trastevere.
Ma poi, a guardare bene.
Il Gianicolo è pura poesia. L’endecasillabo più raffinato di una terzina in versi. Sembra adagiato in una bacheca per l’eternità. Nonostante il trapasso dei tempi e delle stagioni, la ventata di novità, la corsa a uno sviluppo che non sempre collima col progresso.
In qualche decennio hanno capovolto lo sport. Ora decide il Marketing Account di Sky Sport. La pay tv è diventato condotto attraverso cui ci si beve tutto il calcio – anche quello della Capitale – e il vecchio pozzo – dove prendevi l’acqua. Secchio, manovella. Secchio, manovella – ha smarrito la funzionalità. Se mai ce ne fossero ancora, sparigliati per un’Italia arroccata e medievale che da qualche parte pure esiste, ciascuno di quei pozzi avrebbe smesso di adempiere alla propria funzione. Ed è occorso reinventare.
Come Claudio Ranieri, quando gli manca il terzino. E sulla fascia, ci mette Burdisso.
Si rischia che i segreti scivolino via così: vigila la telecamera, riprende la cinepresa, trama il Grande Fratello, entra un microfono nella doccia.
Che pensi quando mancano poche ore? Al primo bacio, all’esame di laurea, agli appuntamenti di una vita. A poche ore dalla felicità, che pensi? E quando l’ansia ti rode il fegato?
Che pensi quando la tivvù l’ha detto prima che lo dicessi tu?
Black out.
 A Roma, che se la città fosse una mano gli starebbe incastonato come gli anelli della giusta misura, il Gianicolo fa il paio con il Colosseo. Antiquariato dalla memoria storica ineguagliabile e dal fascino sempiterno. Ci vanno a fare le foto, i turisti. Americani, giapponesi, francesi, italioti.
Ma quelle istantanee.
Saranno mai in grado di raccontarla tutta intera? L’anima del Gianicolo.
Il nome di Giano custodito per sempre. Come il migliore degli auspici. Che ti ritagli un angolo in punta di piedi senza dare fastidio a nessuno. Con il silenzio assoluto a tenere vivi un paio di sogni. E guardi di sotto. Trovi l’infinito mondo e l’oceano d’aria: una folla oceanica di ricordi, sensazioni, stati d’animo, aneddoti, Storia grande, storie minute, identità, caratteri e generazioni.
Sul promontorio di Roma mia, la violenza dei flash perde efficacia. L’invadenza del calcio moderno non ha rilevanza.
Perché quelli – i flash – mettono a fuoco. Quegli altri – euri sonanti – provano a segnare la via. Ma dritti al cuore non ci sanno arrivare.
Meno due. Mi arrampico sul Gianicolo.
Roma, Roma.
E questa luna. Sapessi almeno cantare una canzone.
Il flusso dei pensieri prima di Chievo-Roma è un viaggio in apnea. Grattano uno sopra l’altro, come lo struscio di carta vetrata.
Non so. Se è luce naturale o la compagnia del faro.
Non so. Se è come m’immagino il paradiso o dove ho sempre stimolato la Fortuna.
Ma il Gianicolo.
Stasera.
Si vede Roma per davvero.
I volti fieri della romanità; i viali alberati che costeggiano Villa Aurelia; le lacrime degli argentini partiti nei decenni del dopoguerra; Castel Sant’Angelo e San Giovanni dei Fiorentini; gli autobus notturni che fanno tratta ininterrotta; la dignità dei turnisti; gli snob seduti ai tavolini con postura che non puoi capire; i migranti, che sono di tutti i colori; le sveltine nelle auto ai parcheggi; un ex studente che incrocia le dita per un articolo come a suo tempo pregava per un esame con il manuale di Diritto Pubblico tra le mani; le belle gambe di donne in carriera; i colli Albani e di Tuscolo; le sgommate degli spacciatori; le facce truccate di Cinecittà; la grazia stupefacente di un’armonia senza una nota fuori posto. La pace, tabula rasa.
E il Gianicolo.
Stasera.
Si sente Roma per davvero.
Il passo dei soldati romani che sognano antiche glorie; il rimbombo delle buccine; la quiete di un tempo senza temporalità; le belle favole antiche; il polmone della città che a tratti si inceppa, smette di funzionare e viene rianimato a colpi di blocchi del traffico; il fermento delle menti giovani; i baci degli amanti incuranti del meteo; il fruscio delle fronde; le imprecazioni di una giornata da riscattare; le birre gelate; gli abbracci di chi non puoi abbracciare; la fretta dei ritardatari; l’odore di fumo; la prima infornata; l’edizione fresca dei giornali; il casino agli ingressi dei locali; il deflusso dei rivoluzionari; le narrazioni dell’arte figurativa; l’inconsistenza della politica; certi pianti che sembrano il temporale; le grida strazianti di Pasolini. La pace, neanche un sussurro.
Non so. L’apnea, voglio dire.
Lunga, lunghissima e altrettanto intensa. Fortissima. Agrodolce, pianoforte, giallorossa.
Stasera, ognuno, la Fortuna la cerchi dove gli pare. Però, la cerchi.
Che Roma vista dal Gianicolo è l’anticamera a un frammento di vita tra i migliori che abbia mai passato.
Perché sembra raccoglimento, ma non è.
Pare un commiato, ma non è manco quello.
Sei lì lì per andartene, ma non ti muoveresti da dove sei nemmeno se fossi il figlio del tempo.
 Perché la luna a palla e la Roma. Il riposo del guerriero. L’antefatto che non è mai indifferente. Le luci e le ombre. Come la gloria.
Nella notte dei segreti a tu per tu il Gianicolo si presta per sempre.
Dalla finestra spalancata sulla Capitale, un rettangolo da cartolina è intima località che esiste solo per dare da mangiare a un sogno.
L’occhio sale piano e va ad incantarsi dove lo spazio pare non avere più barriere né proposizioni. L’orizzonte che serve ai disperati, agli innamorati, ai sognatori. Per gli uomini di scarsa fede e volontà non può che essere un dettaglio a margine di un capolavoro, per i distratti un’astrazione che lascia il tempo che trova.
Ma stasera, dal cucuzzolo di Roma, il Gianicolo sta a un metro dalla luna.
E appena di fianco – a quella luna – ci sta un sogno che diventa il più bel sogno.
E io. Certe volte.
Sapessi almeno cantare una canzone.
Roma, Roma, Roma. Direi.
Luna, luna, luna.
Che non succede, ma se succede…


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