Dalla Gazzetta dello Sport:
Nove anni tondi. Non un giorno di più nè uno in meno: 17/6/2001-17/6/2009. Dallo scudetto in un Olimpico in delirio alla finale Giovanissimi, oggi, a Montepulciano. Montella si racconta, chiedendo «...un profilo basso. Niente titoloni, sto solo iniziando un nuovo percorso». A cuore aperto parlando di Adriano e Guardiola, di giubbini sgargianti e quel pregio (che odia) di Capello. Dei colloqui tempestosi con Franco Sensi e dei ragazzini avversari che gli volano sotto il naso in «aeroplanino». Nove anni precisi, cosa c’è in mezzo nella vita di Montella? «Maturità, esperienza, serenità e Londra: mi ha aperto la mente».
Passaggio da calciatore a tecnico. Quando la scintilla? «In panchina, facendo la riserva. Non persi tempo e mi divertii a leggere le mosse degli allenatori. Soprattutto con Spalletti ma anche con Capello, sebbene allora mi…divertissi meno».
Don Fabio le ha insegnato qualcosa? «Ha un pregio: pretende il meglio dal club, anche spingendo a comprare i due migliori per ruolo sapendo di usarne solo uno. Gli altri, invece, preferiscono non scontentare nessuno e lo spogliatoio è salvo».
Quella vigilia del 2001 e quella di oggi? «Nel 2001 pensavamo di vincere prima lo scudetto e subentrò l’ansia. Durarono un mese quei sette giorni. Ci frequentammo molto anche con cene a casa mia. Quando vidi il calendario Giovanissimi con la finalissima al 17 giugno fui preso da ricordi, pensieri, sogni».
Si vede, prima o poi, allenatore come Guardiola o Di Francesco? «Vado per gradi. Bello insegnare ai ragazzi ma non mi accontento. Difra aveva già iniziato a Lanciano e Guardiola è preparato, intelligente, non mi stupisce. Ricordo un improbabile giubbino, identico, che indossammo nello spogliatoio: ci sfondarono di sfottò».
Cosa è cambiato nella Roma in nove anni? «Quella del 2001 aveva grosse potenzialità economiche ma vinse poco sebbene molto più forte di tutti. E ancor più competitiva fu l’anno dopo lo scudetto. Dimostrazione che conta sapere operare più che spendere. La Roma di Rosella Sensi ha toccato traguardi incredibili in campionato e in Europa senza follie».
Adriano, un gran colpo. «Gran giocatore, l’uomo deve trovare equilibrio masi è messo in discussione ed è, quindi, un grande. Motivato, farà la differenza».
Mondiali con Italia, Capello, Eriksson.… «Tra Coverciano e finali ne sto vedendo poco. L’Italia m’è piaciuta come squadra, gruppo. Lo spettacolo lo si chiede ai club, sono ottimista. Capello nel mirino degli inglesi? Innegabilmente hanno giocato male. Eriksson? Equilibrato, dà serenità e insegna calcio».
Di Roma-Milan ce n’è un altro, emozionante. « L’anno dello scudetto: all’Olimpico. Palla da Cafù, scatto verso la porta e segno con un pallonetto a Rossi, il più alto della A. Bello».
Osare, come faceva lei sapendo che Franco Sensi l’adorava. «A volte ero dialetticamente irruento col presidente che mi disse: ” A Vincé, e sta’ bbono… Rimarrai con noi quando smetterai». Questa finale è anche un po’ sua…