Per dignità – di Claudio Ranieri nei confronti di se stesso – e riconoscenza – dell’ambiente rispetto a un romano e romanista, rincasato dopo 30 anni per coronare un sogno – non poteva che finire così. Dimissioni, non esonero. Dopo la sciagura – ennesima – del Marassi, con il Genoa in grado di rimontare tre reti alla Roma e piazzare anche l’acuto della vittoria, il testaccino prende di petto una realtà ormai insostenibile da tempo e decide di farsi da parte. In un comunicato redatto dall’ufficio stampa e affidato all’Ansa, Ranieri conferma le parole pronunciate ai calciatori appena dopo il match e prova ad assurgere se stesso a principale causa dei malanni giallorossi. “Ho sempre pensato al bene della Roma: dopo una partita come quella di oggi, ritengo sia giusto dare un segnale, al fischio finale sono andato negli spogliatoi per ringraziare la squadra ed ho deciso di rassegnare le dimissioni”. L’ossimoro di un giorno fa – “Non abbandono la nave Roma” – lascia ora il tempo che trova. Di contraddizioni, del resto, si sta vivendo da settimane, mesi. A volte la comparsata di un Bayern Monaco sottotono o una Juventus rimaneggiata sono stati viatici per scacciare evidenze che pure il terreno di gioco – e lo spogliatoio – rendevano ugualmente palesi, in altri frangenti Shakthar e Genoa si sono trasformate in esplosivi più fragorosi e potenti delle bombe carta che hanno fatto brillare il pomeriggio di Trigoria a poche ore dalla partenza per Genova. Elemento comune dei differenti momenti capitolini, la comprovata verità che l’espressione di un buon calcio, nell’anno in corso, è mancata con cadenza certosina. Non una trama, non uno schema, non un’idea. Lo si va ripetendo da tempo. La difesa è un colabrodo – eppure pare si abbia i migliori tre centrali del campionato italiano –, il centrocampo non sa fare né diga né riesce a impostare, l’attacco dei fenomeni non segna. E poi: la squadra è contro Ranieri, parte della squadra è contro l’altra metà, la società è inesistente, parte della dirigenza è contro l’altra metà. Che alla Roma serva una scossa, per non perdere l’appuntamento con gli obiettivi minimi di stagione, è indubbio. Che il modo per garantirla sia l’avvicendamento alla guida tecnica, lo ha capito anche Ranieri. Uomo di calcio e di sport, galantuomo, signore per modi e temperamento. Perdente, aggiungerebbe qualcuno.
I numeri dell’ex tecnico giallorosso alla guida della Roma dicono di 84 gare totali (61 in campionato, 8 in Europa League, 7 in Champions League e coppa Italia, 1 in Supercoppa italiana) che hanno determinato 47 vittorie (35 in campionato, 4 in Europa League, 3 in Champions, 5 in coppa Italia), 16 pareggi (14 in campionato, 1 in Europa League e in Champions) e 21 sconfitte (12 in campionato, 3 in Europa League, 3 in Champions, 2 in coppa Italia, 1 in Supercoppa italiana). 140 i gol fatti (103 in campionato, 14 in Europa League, 12 in Champions, 10 in coppa Italia, 1 in supercoppa italiana), 103 quelli subiti (71 in campionato, 11 in Europa League, 14 in Champions League, 4 in coppa Italia, 3 in Supercoppa italiana). La dirigenza della Roma ha preso atto della decisione del tecnico e pare sia pronto il sostituto. Soluzione interna per non gravare ulteriormente sul bilancio: l’allenatore dei Giovanissimi nazionali ed ex centravanti giallorosso Vincenzo Montella, affiancato da un membro dello staff tecnico già individuato.
La cavalcata trionfale dello scorso anno, culminata in un secondo posto a due lunghezze dall’Inter campione d’Italia, pareva l’inizio di un rapporto duraturo e memorabile. Passato attraverso l’esodo giallorosso a Riscone di Brunico in occasione del ritiro estivo e per un mercato che ha messo a disposizione la punta tanto voluta da tutti. Marco Borriello, mister 25 mila gol ma chissà quanti spiccioli di neuroni. E come lui, tanti altri che hanno saputo fare i protagonisti solo a chiacchiere. Che Ranieri avesse perso il controllo dei calciatori lo avevano capito anche le zolle di Trigoria. Scelte non gradite, voglia di mescolare in continuazione le carte per non dare riferimenti neppure ai suoi stessi uomini, la mancanza di un undici titolare sancito in maniera gerarchica e ferma convinzione che le partite si vincono grazie alla panchina. Non ha finito la stagione, il mister: sono i risultati a condannare o premiare il lavoro effettuato. Lo ha ripetuto fino alla nausea. Ed è andato via nella coerenza che non può venir meno a un uomo di sport. Probabilmente la scelta è saggia e – per come si sono messe le cose – giusta. Ma che con l’addio di Ranieri non sparisca il male della Roma di questa annata, va da sé. La rosa migliore del campionato, a conti fatti, è stata la migliore solo nel collezionare figuracce e la società che tanto ambiva ad essere simbiotica con rosa e tifosi sta giocando la personalissima guerra dirigenziale a chi ce l’ha più duro o più profumata. Vergogna. La decenza la si impari, semmai, da Ranieri. A cui non sono bastati, e non sarebbe potuto che essere così, neppure i quattro derby su quattro vinti da allenatore della Roma. E adesso. Cominciano a fare paura i comunicati non ancora diramati dagli americani. Inciderà tutto questo nel prossimo futuro? La speranza è che possa incidere Montella. Ma fa paura anche lui. Scelta che non avrebbe una motivazione e che – dovesse essere il prossimo allenatore della Roma – non capirei.