Roma-Basilea: Ranieri e la notte più lunga

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 Al 35′ della ripresa fai ancora fatica a perdere le speranze. Passano 5′ e quel 3-2 che sovrastava ogni altra proiezione lo fai diventare un pareggio. Che mastichi a fatica, ma andrebbe pure bene così. Se poi scocca il 48′ e gli svizzeri, in barba ai proverbi, mostrano di saper arrivare, oltre che puntuali, anche in ritardo, si spegne il cervello prima ancora dei proiettori luminosi dell’Olimpico. La serata da “tana libera tutti”, cominciata con la rincorsa dello scorso sabato sera, è un epilogo amaro. Pensavi fosse lontana – la crisi – e invece quella si era solo nascosta meglio. In attesa che uscissi e ti mettessi a correre. Solo Taddei ha provato a starle dietro. Ma lo schianto contro il palo avrebbe tramortito, a quel punto, pure un air bag. Totti, a un certo momento, fissava il vuoto. Borriello stava a capo chino. E Riise – quando mai, Riise? – lo cercavi dappertutto, senza vederlo. Finito in panchina, il norvegese. Lobont trafitto per la terza volta, al 48′, è uno a cui tenderesti una mano per tirarlo su ed esonerarlo da colpe. Ma ti dicono che stasera, Ranieri, qualcosa la dirà. Allora fai in tempo a lasciare che Lobont si rialzi da sè, che la Roma si infili nel tunnel (quello materiale ma pure quell’altro, il metaforico), che Frei si lasci immortalare e corri in sala stampa. Il testaccino, per una volta, è forma senza essere in forma. Soprattutto forma: risponde ai cronisti, si lascia interrogare, riconosce la legittimità di pensieri volti a metterne in discussione il ruolo. La facciata è una maschera, una fomalità. “Non sto pensando alle dimissione. Perché? Perché io non sono uno che molla“: tre parole per dirlo. Se ho visto la presidente? No, non l’ho vista“, altri spizzichi e bocconi.Il girone non è compromesso. Certo la vittoria stasera sarebbe stata importante. Ora dobbiamo andare a vincere là“, soprattutto forma. “Una riunione domani? Non credo ci sia una riunione straordinaria, con i dirigenti ci vediamo tutti i giorni“. Ma il momento, almeno quello, straordinario lo è per davvero. Prendi quello che è accaduto nell’ultima fase dello scorso campionato, ribaltalo come un calzino e viene fuori: straordinari allora, straordinari oggi. Ma ogni cosa appare invertita. Cambia la visuale.
 La squadra è con me, altrimenti non avrebbe fatto quel secondo tempo. Se sono con me anche quelli che stasera non hanno giocato? Credo di sì, se fosse diversamente, in ogni caso, non me lo direbbero“, suggerisce la circostanza. Poi, via. Il più lontano possibile da un istante che confuta anche la funzione catartica dell’Olimpico. Dove, almeno, non si perdeva. E dove si è perso. A un bivio, tra il raccordo e la notte più lunga, Claudio Ranieri tornerà in un istante solo sostanza. Per indole, certo, ma stavolta pure per necessità. La ricollocazione in ordine di importanza delle priorità mette in cima alla lista l’esigenza di capire quello che ancora gli sfugge. Preparazione, rosa, fiducia. Atteggiamento, carattere. Nell’emisfero destro, l’attacco inamovibile ma che non riesce a essere decisivo; in quello sinistro, una retroguardia che pare un colabrodo. A destra, il 4-4-2 su cui ha deciso di investire a scatola chiusa pensando che a smussare gli angoli ci avrebbe pensato Taddei al rientro; a manca, quell’enigma delle fasce laterali da coprire senza aver fatto mercato. Non ci dormirà su, Ranieri. E nella notte pù lunga tenterà di mettere in ombra quello che, forse, gli sta ronzando in testa da un po’. Tra il cuscino e la notte fonda ci passa un terzo del tempo che compone la giornata. E lì, a cavallo tra un minuto e l’altro, il dubbio che questa Roma non gli somigli per niente prorompe. Formalismi senza sostanza, aspettative senza un seguito, ambizioni prive di conseguenze. Lo specchio di Ranieri, i giallorossi, dell’ultima conferenza stampa. E se la notte più lunga dovesse per davvero servire a portare consiglio, piacerebbe poter dire – settimana prossima, l’altra, tra un mese – anche grazie al Basilea. Mentre ora, a caldo, ti escono a mala pena tre parole.
Basile’, ‘cci tua.


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