Il pomeriggio si apre col botto. Lo fa scoppiare l’Ansa: sul tavolo di Rothschild ci sarebbe, tra le altre, anche l’offerta di acquisizione della Roma inoltrata da Francesco Angelini. L’avanzato post meridiem prosegue con la doccia fredda: secca – tre parole tre – la smentita da parte dell’azienda farmaceutica che fa capo al magnate. “Non ci risulta“. Dai 160 milioni per rilevare il club più la liquidità spendibile seduta stante per rinforzare la rosa (altri cento) a uno scenario che tramonta nel tempo di una pausa caffè. Stavolta, tuttavia, scegliamo di giocarci il condizionale. Parrebbe tramontare. Perchè tra i potenziali acquirenti che nel corso dei mesi hanno rivendicato occhielli, titoli e didascalie delle pagine dei quotidiani; tra le foto di copertina che consentivano di dare il là al pezzo; tra quanti, a chiacchiere, avrebbero anche messo tende e dimora al Colosseo pur di avvicinarsi alla Roma, Angelini non c’è mai stato. A caso? Diciamo noi, scegliendo il silenzio dopo aver già parlato una volta. Come gli uomini di comprovata serietà. 7 maggio 2009, Il Corriere dello Sport: “Sto cercando di capirne di più. Ho chiesto informazioni sulla Roma in tempi recentissimi. Mi hanno chiesto tempo per darmi delle risposte. Qualche settimana al massimo. Sono in attesa di capire in che ruolo e in che entità io possa dare una mano alla Roma“. Cui ha fatto seguito – in barba alle ciance – solo un lavoro certosino svolto nella penombra. Prassi che ha portato a ritenere, in realtà, quello di mister Tachipirina un interesse concreto. Realistico. Un tassello alla volta – l’essere romano, l’essere romanista, l’essere imprenditore di sostanza – ha consentito di accreditare la candidatura di Angelini con sempre maggiore convinzione e lasciato credere, man mano che si susseguivano i mesi – aprile, giugno, settembre – che da tifoso giallorosso, il magnate avesse optato per il basso profilo anche in virtù del rispetto doveroso. Nei confronti di una vicenda societaria in evoluzione, di una squadra nel pieno della stagione agonistica, di una tifoseria verso cui un affine non avrebbe potuto mostrare leggerezza.
Metti insieme i pezzi e, nonostante la smentita del tardo pomeriggio, resta in ogni caso difficile non dare credito al lancio d’Ansa. Faticheremmo, non ci fossero motivi per ritenere attendibile la fuga di notizie, a comprendere le ragioni di un silenzio duraturo – fosse discrezione sarebbe grande virtù, altrimenti un errore – che fa rima con professionalità. Neppure dimentichiamo le frasi del consigliere del fondo Clessidra (del cui sostegno finanziario Angelini ha necessità) Alessandro Grimaldi che, qualche mese fa, ripeteva: “Clessidra è interessata. E non da oggi. Ma all´interno di una cordata: noi non abbiamo né la struttura né la capacità né la voglia di prendere in carico una società di calcio“. Avevamo ipotizzato che l’operato di Angelini, visti i buoni rapporti con Mediobanca, potesse essere quello di ottenere il maggiore sconto possibile sul prezzo complessivo dell’intero asset. Ora, delle due l’una: l’offerta è pervenuta, l’offerta non risulta avanzata. Va da sè attenersi ai fatti. E i fatti non possono esulare dal quel “Non ci risulta” con cui l’azienda farmaceutica ha commentato l’indiscrezione dell’offerta. Che sia sufficiente, tuttavia, per ritenere l’ipotesi archiviata, no. Piace piuttosto credere, fino a incontrovertibile prova contraria, che sia la maniera più coscienziosa per lasciare che i numeri del derby alle porte – 60 vittorie per i giallorossi, 39 per i biancazzurri e 57 pareggi – non siano proprio ora oscurati da quelli che non si può far finta di non aver letto. 160 milioni di euro per l’acquisto del club più altri 100 per rilanciare la squadra. La delicatezza dell’impegno – calcistico e societario – giustificherebbe ora più che mai un lavoro certosino. Serio. Professionale. Ma svolto nella penombra.