Da Il Romanista:
Compito difficile, quello di trovare le parole giuste per fare gli auguri a una bandiera. Soprattutto se quella bandiera si chiama Bruno Conti. Ma anche se le candeline sulla torta sono arrivate a 55, Marazico è sempre lo stesso: caschetto nero, sorriso sulle labbra e tanta grinta dentro e fuori dal campo. Proprio come in quell’immagine di lui col sigaro in bocca e lo spumante in mano mentre festeggia il secondo scudetto. Così, a 19 anni dal suo addio al calcio giocato, i suoi ex compagni, ma prima ancora amici, provano a scrivergli un biglietto tutto speciale. Ed il primo ad arrivare è quello firmato da Franco Tancredi, con lui dal 1975. «Io e Bruno abbiamo fatto tutta la trafila insieme – spiega l’ex numero uno romanista – abbiamo giocato insieme anche nella nazionale militare. Abbiamo due caratteri molto diversi, io sono più orso, lui, invece, sempre con il sorriso. Dentro lo spogliatoio aveva sempre voglia di scherzare e riusciva a mantenere alto il morale della squadra». Impossibile, però, non ricordare quella finta che tanti grattacapi ha creato ai difensori avversari. «Tutti ricordano la sua giocata classica – continua – fintava con la suola e andava sull’esterno, faceva sempre la stessa cosa ma riusciva comunque a saltare l’uomo e a mettere la palla in testa a Pruzzo. Gli auguro di continuare la sua splendida carriera da dirigente». Ma c’è anche chi, di Bruno, preferisce ricordare un’altra sfida. Quella a carte, che li teneva in piedi tutta la notte durante i ritiri. «Le nostre erano partite all’ultimo sangue – ride Ciccio Graziani – e mi ricordo che una volta, verso l’una di notte, stavamo facendo talmente tanto chiasso che ci hanno bussato alla porta. Quando ho aperto ho trovato il Barone che ci ha detto di continuare a giocare, ma più piano perché non riusciva a dormire. Con quella semplice frase ci ha ammazzato. Anche per questo – conclude – gli auguro altri 100 anni di grandi soddisfazioni». Quella per la briscola e per il tresette, però, è esattamente la stessa passione che lo accomunava a Dodo Chierico.
«Di partite a carte ne abbiamo fatte tante insieme – ribadisce – ma non dimenticherò tutti gli scherzi che abbiamo ideato. Eravamo sempre in coppia, anche in allenamento, e mi ricordo che a volte partivamo dallo spogliatoio e arrivavamo al campo palleggiando». Poi, però, ecco che torna a galla il Bruno-campione. «Il gol più bello che gli ho visto fare – va avanti – è stato quello al volo contro il Torino. Ma lui, comunque, è sempre riuscito in tutto quello in cui si è cimentato. Gli auguro di portare questa Roma a grandissimi livelli, lui ci tiene veramente tanto». Un calciatore unico, ma che per qualcuno è stato anche un fratello maggiore. «Mi ha aiutato a crescere – confida Ubaldo Righetti – ho avuto la fortuna di frequentare la sua famiglia e mi sono reso conto che è una persona eccezionale, oltre che un campione». Lui, però, di Marazico ha un ricordo tutto particolare. «Mi ricordo che quando è arrivato Falcao eravamo a Parma – continua – e durante una partitella in allenamento il brasiliano si è esibito in un colpo di tacco. I tifosi sono impazziti, ma dopo un minuto Bruno ha fatto un colpo simile. Anzi migliore. L’ha fatto sembrare facile perché lui era il brasiliano d’Italia. Tanti auguri, ti voglio bene». Troppo difficile pescare nei ricordi, invece, per Fulvio Collovati. «Ne ho troppi – racconta – che non saprei quale scegliere – posso solo dire che mi piacerebbe rivederlo così fra 10 anni, con quei capelli a caschetto e senza pancia. Gli voglio troppo bene per dedicargli un pensiero che non sia semplicemente “auguri”». Un imbarazzo condiviso anche da Ruggiero Rizzitelli. «Ne abbiamo fatte talmente tante insieme che rischio di dimenticarmene qualcuna – confessa – è un mio grandissimo amico e quando sono arrivato a Roma mi ha letteralmente svezzato. Gli auguro giornate bellissime come quelle che sta passando ora, gli voglio davvero bene». Solo superlativi da parte di Maurizio Iorio. «Come calciatore è inutile descriverlo, come compagno di squadra è stato fantastico, come uomo è eccezionale – ripete – è una persona di grandi valori e in ogni momento era sempre pronto ad aiutare gli altri». Esattamente come nel suo caso. «Io ero appena arrivato dal Bari ed ero il più piccolo – sottolinea – mi diceva sempre che con i piedi potevamo parlare la stessa lingua, cosa che, detta da lui, è stupenda. Meriterebbe una frase speciale, ma io gli faccio immensi auguri». Umile, generoso e sempre imprevedibile. È questo, invece, il suo ritratto dipinto da Aldo Maldera. «Al tifoso romanista ha dato tanto – dice sorridendo – insieme a Totti è una delle più grandi bandiere di questa società. Lui giocava davanti a me a sinistra e ogni volta che partivo in sovrapposizione non sapevo mai quando arrivava la palla, continuava sempre con le sue finte. Con il tempo ho imparato a conoscerlo e a capirlo anche in campo. È stato una delle ali più forti al mondo». Non è un calciatore, ma con lo scudetto dell’83 ha parecchio a che fare. Pato Moure, il “fratello di latte” del Divino Falcao, saluta così le 55 candeline di Marazico: «Fare gli auguri a Bruno è poco per la stima che ho per lui. Ti abbraccio, vecchio amico».