Il Messaggero, traendo le fila di un’analisi articolata rispetto ai numeri di Claudio Ranieri, chiosa con una conclusione chiara: Ranieri, per guarire la Roma, ha dovuto fare un lavoro psicologico più importante di quanto lo fosse quelo tattico (tant’è, il modulo di Luciano Spalletti in più di una circostanza è stato riproposto con successo). A ciò, aggiungiamo pure la forte componente affettiva che lega il testaccino ai colori giallorossi, e il gioco pare pressochè fatto. Il testo:
I numeri indicano senza mezzi termini che Ranieri, arrivato a Trigoria all’inizio di settembre, ha operato una vera e propria rivoluzione. Culturale, in primis. E poi tecnico-tattica. La sua Roma gioca un calcio estremanente essenziale, fatto di un’accurata fase difensiva che mai rinuncia a quella offensiva. Il tutto con la ricerca costante dell’equilibrio, in ogni zona del campo e in ogni fase di gioco. Si può dare spettacolo anche concedendo occasioni zero agli avversari, ad esempio. Si possono vincere le partite anche gestendole, cioè facendo giocare gli avversari come vuoi tu. Contro l’Udinese, l’altra sera, la Roma ha dimostrato/confermato di aver maturato una consistente autostima che le consente di affrontare l’impegno, ogni impegno, con la convinzione di poter fare qualcosa di importante. Sul piano squisitamente tattico, la tenuta della difesa – ad esempio – non dipende esclusivamente dagli uomini (che sono gli stessi di prima, magari oggi più in condizione) quanto dalla loro disposizione sul terreno di gioco, con una maggiore copertura centrale legata alla posizione degli esterni più vicini ai due centrali. Del resto, se il modulo è lo stesso del pre Ranieri, cioè il 4-2-3-1 che sembrava superato, vecchio e ormai inutile, vuol dire che le novità vere non sono principalmente tattiche ma psico-fisiche. E, sotto questo aspetto, i meriti dell’allenatore sono evidenti. Inequivocabili. Ranieri, tecnico dai modi spicci e diretti, una parola buona (talvolta esagerata) per tutti, con il metodo “io non guardo in faccia nessuno”, ha restituito pari dignità a tutti, traendo così il massimo da ognuno. E cementando ancor di più il gruppo, «il più bello mai avuto in carriera», come l’ha definito lo stesso Ranieri tempo fa, indossando a pennello i panni del callarostaro.