Il problema evidente di questa Roma è legato alla continuità tanto del gruppo che delle individualità. La stessa, in sostanza, su cui Claudio Ranieri ha cercato di intervenire immediatamente: squadra da subito più quadrata per non subire come accaduto nelle prime giornate di campionato; giocatori tutti sotto pressione per poter dimostrare con i fatti il valore di ciascuno.
Uno di coloro che ha dovuto fare i conti con consigli e rimproveri del tecnico testaccino è Jeremy Menez, a cui Ranieri ha deciso di concedere una chance importante, quella di mostrare di essere un uomo.
Dopo averlo strigliato per bene, ora Ranieri ha deciso di concedergli la stessa fiducia che si dà a chi pare essersela guadagnata.
Il Romanista in edicola oggi illustra nel migliore dei modi l’investimento deciso da Claudio Ranieri. Testuale:
Sono fiducioso, anzi fidente. Prendi Serse Cosmi. Arriva sulla panca più scassata della serie A con la foto di Totti nel portafoglio, la Roma nel cuore e Tavano in campo. Cosa vuoi di più dalla cosiddetta vita? Le premesse ci sono tutte per santificare la festa. Prendi Claudio Ranieri. La conferenza stampa di ieri. Una spada. Affondi baritonali. Tempi televisivi. Chiarezza. Il giorno che la Roma giocherà come lui parla, saremo a cavallo. Sta lavorando di fino sulle molto S labili (fragili) teste dei giocatori. Si mostra ruvido, ma si dimostra attento, partecipe, perfino sensibile. Sembrava avesse scaricato, via via, i vari Cerci, Mexes, Okaka, Guberti, Menez. Li aveva solo messi davanti allo specchio.
Provate a voi stessi, ancora prima che a me, che sto sbagliando. Li ha trattati da uomini. E loro stanno reagendo da uomini. Prendi Jeremy Menez.
“Se mi segue, diventerà un campionissimo”,
così ha parlato ieri Ranieri. Jeremy, prova a dargli retta. Diventa quello che sei. Se giovedì sera la stragrande maggioranza di noi ha presentito che avresti sbagliato quel rigore, un motivo c’è. Si chiama “percezione di una personalità incompiuta”. Allo stesso portiere, in una situazione ben più scabrosa, Totti sparò un proiettile sotto l’incrocio dei pali. Era il novantesimo minuto di Italia-Australia. Il giorno in cui tutti noi avremo la certezza che quel rigore tu, Jeremy, non lo mancherai, vorrà dire che avrai fatto pace con la tua grandezza. Il guaio di questa Roma sono le “personalità incompiute”. Ne ha troppe. Talenti enigmatici perché intermittenti. Un giorno fenomeni, l’altro inguardabili. Li ami e li maledici. La piazza sbanda, si divide, litiga. Vucinic, Baptista e Menez (ma rischiano di aggiungersi anche Cerci e Guberti) sono costati più di quaranta milioni di euro. La cifra con cui prendi un fuoriclasse vero, stabile, conclamato. Tre talenti instabili sono un lusso per chiunque, figuriamoci per questa Roma.
Dovendo scommettere sulla chance che uno dei tre riesca a liberarsi dal peccato della vaghezza, scelgo Menez. Da ieri, è chiaro che è anche la scelta di Ranieri. Con il Livorno non serve una vittoria schiacciante. Basta una vittoria serena. E una difesa che non subisce gol. Mexes è tornato, Doni tornerà. Gli sono bastati due mesi a Ranieri per cementare uno spirito di gruppo. Anche questa è un’impresa. Le capacità ci sono, la fortuna non gli manca. Per il salto di qualità è necessaria solo una cosa: che i suoi giocatori disobbediscano al suo mandato: dimenticare il bel gioco. Pizarro, De Rossi e compagni sanno solo “bel giocare”. Conoscono solo questo di calcio. E anche Ranieri lo sa.