Pizarro che mi ricordi Bitossi, tu il Pek e lui Cuore Matto

di Redazione 1


 PIZARRO E BITOSSI. David Pizarro mi ha sempre ricordato Franco Bitossi. Indimenticato ciclista degli anni a cavallo tra il ’60 e il ’70. Mentre vedo volteggiare quello in mezzo a un rettangolo verde, mi torna alla memoria la pedalata di Cuore Matto. Lo chiamavano così, il toscanaccio. Per quella fastidiosa e sempiterna aritmia che ne ha condizionato il rendimento per tutta la carriera. Si dice che derivasse da un problema di natura psicosomatica. A Bitossi gli cominciavano le palpitazioni a palla proprio quando stava per giocarsi la vittoria: più gli altri rimanevano dietro, più le gambe lo spingevano avanti agli altri e più Cuore matto cadeva vittima di crisi cardiache dovute all’avvicinarsi del traguardo. Me lo richiama alla memoria, tutte le sacrosante volte, proprio il Pek. Centrocampista di classe sopraffina a cui la genetica ha dato in dote mezze qualità fisiche.  Pare un piccolo uomo se messo a confronto con i vatussi che popolano il contesto calcistico. Prima ancora dell’impulso di gridarne il nome a squarciagola, ti viene quasi di prenderlo in un palmo e tutelarne l’integrità fisica. Di fronte alle proprie debolezze – Pizarro e Bitossi – somigliano tanto a quei contesti paesaggistici di periferia. Stonano con l’idea di maestosità tipica delle grandi metropoli, non rispecchiano la perfezione di chi vince e infiamma i cuori a prescindere.
AFFINITA’ SELETTIVE. Sembrano affini alla geografia
che propone i modelli dell’hinterland, figli di una provincia dove occorre sudare per emergere. Cuore Matto e Piccolo Grande Uomo messi a nudo sono personaggi speculari: onesti per necessità prima ancora che per virtù. La malattia, la gracilità. Uno tachicardiaco – col vezzo del ciclismo – e l’altro in miniatura – con la passione per il calcio. Paiono figli di una delle periferie di cui è pieno il mondo. In provincia i segreti hanno vita breve. Perché i confini si rimpiccioliscono, le distanze si assottigliano, la demografia si snellisce e – di rimando – viene sempre più facile conoscere quel che ti sta intorno. La provincia dei paesaggi a misura d’uomo e di “quel tanto che basta”, di una mutualità reciproca e dell’interscambiabilità. Conta la società, in contesti del genere, prima ancora delle caratteristiche individuali. Bitossi viene proprio da lì: Carmignano di Brenta, paesino del pratese che oggi conta meno di 20 mila anime. Pizarro è nativo di Valparaiso che – con i suoi 275 mila abitanti – tutto è meno che un paese di periferia: paga, tuttavia, lo scotto di stare nel mezzo del Cile, a sua volta imbrigliato nei confini dell’America Latina. A cui, da sempre, siamo abituati a mettere sulle spalle il mantello di un contesto arretrato, di una società ancora poco sviluppata (vi consiglio in tal proposito di leggere i libri di un profondo conoscitore dell’America del Sud, Eduardo Galeano). Da un lato il progresso altrui, dall’altro la conformazione oggettiva: accade così che Valparaiso e Carmignano diventino simili più di quanto lo siano realmente.
BITOSSI. A me, il Pek, ha sempre ricordato Franco Bitossi.
Ovvero, uno che in salita non si fermava mai e che riusciva a essere decisivo proprio quando il percorso si faceva difficile, tortuoso, impennato. Ti rimangono dentro, personaggi del genere, anche perché Cuore Matto, oltre a dover battere le proprie stesse limitazioni si trovò per beffa della sorte a fare il ciclista professionista nello stesso periodo in cui le scene della bicicletta erano dominate da Eddy Merckx. Il Cannibale. Fate un po’ voi.


PEK. Piccolo, minuto, tascabile. David Pizarro, per gli amici e gli appassionati, diventa un vezzeggiativo determinato da caratteristiche fisiche. Il Pek. Un pesce rosso d’appartamento messo a nuotare in un mare di pesci di stazza raddoppiata. Triplicata. Uno così, sembra che quando giochi sia lì per salvarsi la pelle: vederlo integro dopo 90’ sembra il primo, grande successo degno di nota. Invece accade per miracolo che David Pizarro, oltre che stare in piedi per tutto il tempo, si trasformi in autentico mattatore. Fosse un Colosseo, lo scenario delle sue imprese, sarebbe uno spettacolo al contrario. Cose che la storia insegna in maniera diametralmente opposta. Come nei film: tutti a vedere il leone fatto fuori dal gladiatore.
TIM BURTON. Diventa una storia in dvd:
il magico mondo del Pek somiglia a una pellicola animata e in bianco e nero partorita dalla mente di Tim Burton. Immagini un folletto con corpo e testa d’adulto: piccolo e robusto, infaticabile e misterioso per quel suo modo di sbrogliare con un movimento del piede situazioni delicate. L’universo a colori di David Pizarro è una pellicola che cresce di intensità con il passare dei minuti. Folletto, giocoliere, illusionista. Lampi di genio a sviluppare una trama sbalorditiva che si sussegue in un mondo a dimensione d’uomo. Nei suoi spazi vitali, nella sua dimora, nel proprio habitat il Pek riesce a farti sentire a casa con due tocchi del pallone. Sinistro, destro. A piacimento. Stravedere per David Pizarro è stato un travaglio partorito con razionalità. Non ha lo spunto decisivo del rapinatore d’area, gli manca la stazza che fa di un bomber l’autentico pericolo costante, tranquillo nei modi, lineare nelle forme. Istintivamente viene automatico affidarsi a chi risolve le gare.
INNAMORARSI DEL PEK. Per innamorarsi del Pek ci vuole il tempo richiesto da quei rapporti
che non nascono per colpo di fulmine. Nella circostanza, quattro lunghissimi anni nel corso dei quali Pizarro non ha mai deluso ed era sempre lì. Ad assaporare gioie e dolori, a consegnare la palla vincente tra i piedi di Totti e svirgolare un passaggio decisivo a centrocampo. Era lì, con la maglia numero sette che ti ricorda Agostino Di Bartolomei per come ne narrava le gesta De Gregori: era lì con il pallone in mano ad assumersi le  responsabilità dei fenomeni. Tirare rigori e punizioni dal limite. Fare gol, fare cilecca. E, in tutto ciò, sempre nitida l’immagine di Franco Bitossi: che ho rivisto sempre, ogni volta che il Pek ha tentato l’accelerazione o s’è messo a seguire l’avversario che tentava di andarsene; in tutte le circostanze nelle quali occorreva il raddoppio di marcatura o il dribbling secco a mettere a sedere il difensore. Ogni avanzata palla al piede con quei tocchi leggeri e ritmati mi hanno fatto pensare a quel cuore impazzito con cui Bitossi battagliava mentre stava andando a vincere. Dopo ogni rete del cileno ci ho rivisto l’esultanza a mani alzate di Cuore Matto, che tagliava il traguardo una volta sola dopo essersi voltato a guardare indietro cento volte per capire dove fossero finiti gli altri. Perché certe volte sono proprio i difetti cronici, quelli con cui si può solo convivere che portano con sé (manco fossero lattine di birra legate alla macchina di una coppia di sposi) un’umiltà che non si acquisisce altrimenti. La stessa che lascia increduli i protagonisti stessi nel momento successivo all’impresa. Quasi a non credere in quello che si è appena fatto. Solo che – valse per Bitossi, vale per Pizarro – quando l’incredibile riesci a ripeterlo una, due, decine di volte non è più incredibile. Diventa marchio di fabbrica. Quando lo straordinario è un dettaglio che si ripete con cadenza frequente è dura continuare a parlare del Pek. Di Cuore Matto. Di periferie e difetti.  Perché David Pizarro e Franco Bitossi, chi a colpi di pedale e chi a furia di toccar palloni, hanno fatto in tempo a diventare Campioni.
GIA’ LO SAI. Quelli che, inevitabile, ti fanno innamorare al primo sguardo. E che se il Mondiale lo perdi (come capitò a Cuore Matto), a quel punto, grandi pianti condivisi e un bel chissenefrega. E la cui ultima fuga, il cui ultimo passaggio già lo sai: sarà lì, in quei posti custoditi sempre nel cuore che sono gli stessi da cui provengono. Bitossi nel campo di bocce, tra i vecchi ulivi di Carmignano di Brenta a bere vino e invecchiare; Pizarro con Carolina, Davca e Bastian a ricostruire quel che il terremoto ha scalfito e godersi le precipitazioni estive di Valparaiso.

Auden Bavaro


Commenti (1)

  1. Chi ha scritto questo?
    E davvero interessante il paragone.
    Una domanda, Pizarro non ha nessuna e-mail ufficiale dove poter conttatargli?

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