Peppe Mariani ad Asromalive.com: “Progetto Stadio? Se prima ero perplesso ora lo sono di più”

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 Il progetto per lo Stadio Franco Sensi aveva lasciato “alquanto perplessoPeppe Mariani. Il presidente della Commissione Lavoro, Politiche Giovanili, Pari Opportunità e Politiche Sociali della Regione Lazio, “da tifoso romanista“, si era anche augurato che Roma e la sua gente potessero avere presto un impianto all’altezza dei migliori club europei. Le settimane trascorse, però non hanno affievolito i suo dubbi. Anzi: “Se prima ero perplesso ora lo sono ancora di più“, ha affermato Mariani ad Asromalive.com. Il politico si mischia al tifoso. Che non sopporta che il rispetto per i sostenitori romanisti sia venuto meno: “Creare aspettative nei tifosi è sgarbato e sbagliato. Le cordate per costruire lo stadio? Il business è nell’aria, alcune proposte le trovo indecenti“, tuona il rappresentate della Lista Civica per il Lazio.
Si dichiarò diffidente, nel giorno della presentazione del progetto per il nuovo stadio della Roma. Qualcosa è cambiato nel frattempo?
Sì. Adesso le perplessità sono più importanti di prima. Abbiamo registrato una grande disponibilità di intenti, ma non vediamo come il progetto possa decollare. Creare aspettative nei tifosi è sgarbato e sbagliato. L’istruttoria è lunghissima: sono arrivati al traguardo prima di far partire la corsa. Questo mi mortifica“.
Che opinione ha delle possibili cordate di imprenditori interessate ad affiancare la Roma?
I costruttori si stanno facendo avanti. Il business, del resto, è nell’aria. In questo senso, diffido dall’affetto sventolato nei confronti della Roma. Ho ascoltato molte proposte indecenti, figlie della logica della visibilità.  Bisogna chiudere le porte a questo genere di proposte. Tanti si proclamano tifosi ma la vera motivazione è l’interesse. Per carità, nessuno chiede loro di fare i francescani, ma non parlassero da tifosi. E’ fastidioso, per quelli veri“.
I nuovi stadi di Roma e Lazio, la candidatura per le Olimpiadi del 2020. La città è pronta per un salto di qualità?
Le Olimpiadi sono una grande occasione. Tutte le forze in campo, di qualunque colore, devono spingere in maniera autorevole verso un’unica direzione. Serve un gruppo di pressione. Roma merita questo evento. Sono anni che diamo dimostrazione di professionalità e organizzazione moderna. La proposta va appoggiata, mettendo del nostro: dobbiamo preparare il territorio, alleggerire e potenziare le infrastrutture. Dobbiamo investire insieme, con il Comune e la Provincia. Serve lungimiranza. La proposta è seria, ma va preparata con un substrato che possa accogliere il potenziale evento“.
Roma è pronta anche culturalmente? Una minoranza, sottolineiamo minoranza, poche settimane fa ha fischiato Stefano Okaka per il colore della sua pelle. L’episodio non ha fatto molto rumore.
Il tema va affrontato. L’incultura c’è. Fra qualche anno aumenteranno di 500 mila gli immigrati regolari. Abbiamo il dovere di confrontarci con la multietnicità. Senza dimenticare che c’è già il fenomeno delle seconde e terze generazioni. Stefano Okaka, da buon romano, ha preso con ironia un gesto inqualificabile. Un gesto che non ha patria, venuto da una minoranza. Mi piace sottolineare che tutto lo stadio ha applaudito il ragazzo. Certo, l’episodio va commentato. Mi esposi anche quando le offese toccarono De Rossi: un gesto infame, che tocca gli affetti. Quando ci sono episodi simili, l’atteggiamento deve essere quello della sospensione della partita. Occorre sanzionare. Lo stadio deve rimanere un luogo di sfottò, ma le famiglie devono poter partecipare agli eventi in maniera serena. Mio padre mi lasciava in Curva Sud da piccolo. Ero tutelato e coccolato. Dobbiamo ripristinare quel clima. Anche a costo di fermare il gioco“.
L’attitudine a non abbandonare gli studi separa spesso il calcio dagli altri sport. Quali proposte per invertire la rotta?
L’argomento purtroppo serve a dividere gli ‘sport buoni’ da quelli dove il business è predominante. Spesso negli altri sport esiste un patto tra allenatore, società, famiglia e ragazzo, perché l’aspetto agonistico sia armonizzato con la cultura. Nel calcio avviene l’opposto. C’è poca attenzione alla formazione nel suo significato più generale: anche gli studi possono contribuire alla costruzione di un campione. Troppo spesso gli atleti vivono veri e propri drammi quando smettono di giocare: proprio perchè fino a quel momento non hanno fatto altro che allenarsi e rincorrere il successo. Occorre investire anche da questo in questo senso: nelle società deve esserci uno staff che si interessi della crescita culturale dei ragazzi. Deve essere un vincolo. Lo scorso anno, in occasione di un incontro tra due ex campioni di Roma e Lazio, come Aquilani e Silvestri, constatai che Alberto aveva difficoltà ad interagire. Ai giovani aveva ammesso che non si era dedicato molto agli studi. E pagava la lacuna con l’incapacità di trasmettere il suo bagaglio. Ecco, il peccato è anche questo“.
Simone Di Segni


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