Il Corriere dello Sport ha intervistato Vincenzo Montella. Ecco i pensieri del nuovo allenatore Roma a poche dall’esordio sulla panchina giallorossa:
Ieri nel suo primo allenamento ha provato la Roma con il 4-2-3-1. Spalletti le ha lasciato qualcosa… «Mi ha lasciato spesso in panchina… Credo che in due giorni sia difficilissimo poter insegnare un sistema di gioco. Questi giocatori hanno bisogno di altro. In questo momento ci potranno essere piccole variazioni. C’è poco tempo e c’è bisogno di capirsi subito. Per me i giocatori migliori devono giocare nelle posizioni dove possono esprimersi al meglio, ma c’è un avversario che studierà anche quello che dico io e non voglio dare vantaggi all’avversario».
Guiderà molto giocatori che sono stati fino a poco tempo fa suoi compagni. «Un conto è essere giocatori, un altro è essere amici. La squadra deve mettere i giocatori migliori nelle condizioni di esprimersi al meglio. La fase più importante è quella di transizione, passare il prima possibile da quella offensiva a quella difensiva e viceversa è quello che fa la differenza».
Ha studiato i problemi della Roma, che da un mese si è smarrita? «Dall’esterno si ha l’impressione che ci sia un blocco psicologico. In questo senso sono contento che giochiamo subito e in trasferta. La maggior parte di questi giocatori sono sensibili, si tengono dentro questo malessere, ma devono liberarsene».
C’è stato un passaggio di testimone con Ranieri? «Gli ho parlato. L’ho chiamato per due motivi. Perchè quando ho deciso di fare l’allenatore eravamo insieme è mi ha dato preziosi consigli e perchè lo stimo. Ma non sono entrato nel dettaglio perchè devo farmi la mia idea. E’ stato un saluto voluto, non di circostanza».
Da allenatore della Roma potrà capitare di escludere qualche amico? «E’ stato più difficile lasciare fuori i ragazzini dalla finale scudetto dei Giovanissimi dello scorso anno. Per alcuni di loro quella era forse l’unica occasione ed è stato triste. A Bologna sarà diverso. Siamo tutti professionisti e tutti dobbiamo accettare le scelte con serenità».
Quando ha deciso di fare l’allenatore aveva l’obiettivo di arrivare al top. Eccoci… «Il mio programma personale era leggermente diverso, però ho accettato con entusiasmo, ma con sicurezza, consapevole a cosa vado incontro. Sono sicuro che anche vincendo tutte le partite non si possa avere la unanimità mediatica, ma ho accettato con serenità».
Le prime ipotesi di formazione. C’è un dubbio portiere? «Il portiere che sceglierò sarà il titolare. Ho parlato con entrambi (Julio Sergio e Doni, n.d.r.). Lo comunicherò prima a loro chi scelgo»
Ha già un’idea su quella che sarà la formazione ideale? «Penso di avere la mia idea, ma non vuol dire che giochino solo undici. La rosa è ampia e di alto livello, ci sono almeno sedici giocatori al top. Questo non significa pesare il minutaggio o accontentare tutti, so benissimo che dovrò scegliere».
Le è stata affidata la Roma fine a fine stagione. «Sono discorsi che non mi toccano, ho accettato mettendo a disposizione la mia competenza e il mio entusiasmo. Non mi interessa che qualcuno si proponga e che si parli di Ancelotti, un allenatore preparatissimo e che stimo. Vi do il titolo: non mi sento un traghettatore, perchè il mio obiettivo è da qui alla fine dell’anno, poi le situazioni cambiano continuamente».
Mazzone ha detto che l’inesperienza può essere un vantaggio.«Lo saluto e lo ringrazio, ma faccio una battuta che non è rivolta a lui: credo di avere più panchine di tanti allenatori di serie A. Forse domani (oggi, n. d. r.) sarà la prima volta che vado in panchina veramente contento».
Gestire un parco attaccanti così folto, per uno che è stato attaccante e che non sopportava molto le esclusioni non deve essere facile… «Credo che un giocatore di alto livello per ambire a una grande squadra come la Roma debba avere un alto profilo. Anche giocando mezz’ora si può essere decisivi. Anche giocando non tutte le partite si può essere amati. Se io oggi sono qua è per questi requisiti. Per cui è la qualità di come si fa il minutaggio, non la quantità. Un giocatore si può anche incazzare, però non deve venire meno ai suoi doveri di professionista, di allenamento, non deve essere di disturbo agli altri giocatori. Poi se si incazza sono contento, vuol dire che ha qualcosa dentro. Nel momento in cui mi sono incazzato meno io ho smesso. L’importante è che il giocatore abbia la voglia di prepararsi a vincere».