Fratello, dove sei. Parafrasando Clooney. Philippe Mexes, a questo punto, pare essersi smarrito nei meandri di una Roma vogliosa e grintosa, bella in tutti i reparti meno che in difesa. Non per demerito di Juan, evidente: il brasiliano è finalmente tornato ai livelli di eccellenza che nella Capitale – a memoria – non gli si poteva ancora riconoscere. Di John Arne Riise, dopo una stagione alla grande, è doveroso accettare un calo fisico figlio di quegli oltre 2200 minuti nelle gambe. Mica una passeggiata, quella del norvegese. Cassetti un po’gira e un po’ si intoppa; Motta, Tonetto: quel che riescono, nei limiti del possibile (le doti individuali, evidentemente, ma anche gli infortuni e lo scarso utilizzo). Nicolas Burdisso, va detto, è stato messo in sordina da Claudio Ranieri nonostante l’argentino abbia sfornato prove dignitose nelle circostanze nelle quali è stato chiamato in causa. Perchè? Chiaro, il motivo ha un nome e un cognome.
RUGANTINO. Philippe Mexes, francese classe 1982, prelevato dall’Auxerre nell’estate del 2004. Ha fatto in fretta, la Capitale, a trasformarlo in Rugantino. Come la maschera: er bullo, svelto co’ le parole e cor cortello. Non tanto per la ruganza quanto per la capacità di adattarsi immediatamente a usi e costumi di Roma. A quella cultura tipica e caratteristica che sforna premi quali “Er mejo fico der bigonzo“. L’ha vinto nel 2007, Mexes.
Per l’amore dimostrato in numerose occasioni nei confronti della città capitolina e per la genuina romanità. Lui s’è fatto amare: abile con le parole “La mia capitale non è Parigi ma Roma“, abile in campo. NUMERI TRANSALPINI. 28 presenze in giallorosso nel campionato 2004/05, 27 in quello successivo, altrettante nel 2006/07, la punta massima di 31 presenze nel 2007/08 (la migliore stagione di Mexes per rendimento e costanza), due in meno l’anno dopo. Dieci reti con la casacca giallorossa, 45 cartellini gialli, 6 espulsioni. Sulle spalle, il marchio di fabbrica: quel numero 5 che ne indica a priori il ruolo. Difensore centrale. Riferimento inamovibile nell’era di Luciano Spalletti e punto fermo dello scacchiere capitolino. Almeno fino all’inizio della stagione in corso.
2009/10. Dodici presenze per tutti e 90′ i minuti nel 2009/10 (su un totale di 28 giornate), subentrato una volta a partita in corso (alla quarta contro la Fiorentina) e sostituito in due circostanze (Catania-Roma, sesta giornata; Roma-Lazio, quindicesima giornata). Inizio difficoltoso con tanto di ballottaggio con Burdisso per un posto da titolare, poi una lenta e graduale ripresa fino a tornare il Mexes vecchia maniera. A dicembre, l’infortunio: prima della gara contro il Parma, lontano dai campi per un mese. Tanto basta per notare un dettaglio nient’affatto insignificante: Juan e Burdisso, insieme, rendono eccome. Riescono a diventare una coppia affiatata, a fare gioco di squadra, a sopperire ciascuno (e in maniera egregia) alle mancanze dell’altro. Con loro, la Roma va e incassa pochi gol. A questo punto e con la guarigione di Mexes, il compito delicato diventa quello di Ranieri: gestire i tre centrali con la consapevolezza che questo Juan, da lì in mezzo, non si tocca.
MEXES-BURDISSO. Il turno over tra Burdisso e Mexes diventa una prassi, i risultati sono impietosi. Purtoppo per il francese. Una prova? 24a, Roma-Palermo: gioca Burdisso (la Roma ne incassa 1 ma ne fa 4); 25a, Roma-Catania: ancora Burdisso vicino a Juan (neanche un gol subito); alla 26a il testaccino si gioca Mexes (finisce 2-2); il turno dopo torna Burdisso (0-0 contro il Milan); domenica c’era Mexes e il Livorno ne ha fatti tre. Le ultime cinque gare dicono che con Burdisso in campo (3 volte) i giallorossi hanno incassato 1 gol; con Mexes accanto a “Special Juan“, 5 reti in due partite. Sarà un caso? Difficile dirlo: quando gli indizi passano da uno a due, però, è già più di mezza prova. Mexes in campo non brilla, sbaglia, svirgola, comincia a non garantire la sicurezza cui eravamo soliti. Mexes fuori dal campo è tutta una serie di voci di mercato che iniziano a farsi insistenti.
ROMA NON DIMENTICA. Che il francese sia legato alla Capitale, nessun dubbio ma non ce ne sono neppure sul fatto che Rugantino ha perso tranquillità. Che sia per la presenza di Burdisso, capace di insediarne la titolarità (come mai accaduto in precedenza) e mettergli addosso pressione psicologica; che sia per una condizione fisica non ottimale; che sia per l’incertezza sul futuro. Fosse anche per tutte e tre le cose assieme, il risultato è sempre quello. Mexes a mezzo servizio, finora. Lo sa bene anche Philippe. Che sa altrettanto bene quanto Roma non dimentichi. E, di rimando, quanto sia disoposta ad aspettare Rugantino. Er mejo fico der bigonzo. Uno di Roma, prima ancora che di Parigi.