Da La Gazzetta dello Sport:
L’abbiamo scampata bella. Visto il repertorio di critiche e ironie che gli sono piovute addosso nei primi venti mesi di soggiorno a Roma, se Jeremy Menez fosse stato in qualche modo parente con Nicola Sarkozy e avesse potuto beneficiare delle furie presidenziale in stile Elise, i licenziamenti dei giornalisti non farebbero più nemmeno notizia.
Ma il vento è cambiato e così il talento francese -classe 1987 proprio come Benzema, Nasri, Ben Arfa, le tre speranze del calcio transalpino- adesso ha conquistato la piazza e si trova ad essere l’asso nella manica della Roma a caccia dello Scudetto, tanto più che adesso Claudio Ranieri si è votato al tridente offensivo. La Crisi – A pensarci bene , la delusione iniziale dei tifosi giallorossi è stata direttamente proporzionale a due fattori: il suo costo ( dopo Vucinic e Pizarro è stato l’acquisto pù oneroso dal 2001: 10,5 milioni più bonus) e il suo talento. Perchè quello gli è stato riconosciuto sempre, anche nei momenti più bui. Nella scorsa stagione lo staff di Spalletti lo paragonava a Kakà (anche se con meno tiro), mentre i compagni raccontavano in coro come in allenamento facesse delle giocate da fuoriclasse . Il problema è che in partita si era vista poco e niente, tant’è che con l’arrivo di Ranieri l’era Menez sembrava definitivamente tramontata.
Qualche prova indolente, qualche attegiamento sbagliato lo avevano messo nel mirino del nuovo staff e così non ha sorpreso nessuno come in inverno Ranieri abbia messo le cose in chiaro : «Io ti ho dato fiducia e tu mi hai deluso». La gestione extra-campo di Menez perciò, come quella di Cicinho, è passata a Montali e l’impressione forte che se n’è ricavata è stata questa: in presenza di una offerta vera, il francese sarebbe potuto anche andare via. Non a caso lo stesso allenatore, sottolineando le qualità di Jeremy, aveva spiegato come un maggior rodaggio in Francia gli avrebbe fatto bene.