Da La Repubblica:
«Totti ci deve regalare un gran bel finale. Noi tifosi lo pretendiamo». Anni fa, Carlo Mazzone coccolava questo ragazzino dal talento straordinario neanche maggiorenne, lo proteggeva, gli insegnava come doveva muoversi in un calcio in cui non basta avere due piedi meravigliosi. E se Totti è diventato il capitano che tutti i romanisti avrebbero sognato è anche merito di Mazzone. Che oggi fa il tifoso, soffre, sogna, e spera che il suo Totti lo faccia felice. «Ce lo deve».
Lo dice perché crede che sia lui l’uomo decisivo per la volata finale?
«Io punto su tutti e tre gli attaccanti. Toni si è ambientato benissimo e ha una media gol spaventosa, Vucinic è maturo e concreto, Totti è sempre un fenomeno ».
Un finale in cui la Roma deve vedersela con un colosso l’Inter.
«Sì però la Roma deve approfittare dello stress e della tensione che l’Inter vive per colpa della Champions league. Sono anni che il presidente Moratti vuole vincere quella coppa: non lo dicono, ma stanno accumulando molto stress. Non snobbano il campionato, ma inconsciamente vivono un’attesa logorante. Il Milan mi lascia perplesso: prende troppi gol, è incostante, ha troppi infortuni».
Carlo Mazzone. Quindi?
«La Roma può farcela. Ho rotto i margini, è disinvolta, è felice. È convinta dei propri mezzi, ha superato le rimonte subite come quelle di Cagliari e Napoli. Ha un bel gruppo che gioca con naturalezza e serenità. È proprio figlia di Ranieri».
L’ha modellata a sua immagine e somiglianza?
«Un po’ si. Gran parte del merito di questa straordinaria rimonta è suo. Si trova nella sua Roma, anzi io lo posso dire, nella nostra Roma. E, vi assicuro, allenare nella propria città, quella in cui hai giocato, guidare la squadra che cui tifi non è facile. Invece lui è sereno e sta lavorando bene. È come se fosse al suo posto».
Tra poco c’è anche la partita con la Lazio, sarà decisiva per la volata finale.
«Forse è la partita più difficile perché loro daranno tutto. Ma la Roma deve giocare come sa, può vincere le partite che restano ». Lei fa il tifoso, ma è pronto anche a festeggiare? «Beh, guardi, insomma… facciamo così, adesso giochiamo e basta». Non ne vuole parlare? «Troppo cuore e troppo rispetto».