La farsa dello stadio

di Daniele Pace Commenta

Il progetto per lo stadio della Roma ha assunto ormai i contorni della farsa, con l'ultimo ostacolo posto dalla richiesta di vincolo del sovraintendenza ai beni culturali


Il progetto per lo stadio della Roma ha assunto ormai i contorni della farsa, con l’ultimo ostacolo posto dalla richiesta di vincolo del sovraintendenza ai beni culturali, giunta dopo anni di disinteresse verso una struttura che obbiettivamente è stata abbandonata fino alla rovina. È chiaro che l’ultima novità è un evidente tentativo di impedire un’opera del tutto legittima, in sostituzione di un impianto in rovina e in disuso, che non ha nessun oggettivo interesse, visto che solo per il problema amianto dovrebbe essere smantellato senza remore. Ma addirittura la sovraintendenza ha avanzato la scusa di “scorci panoramici” che si godrebbero dalla tribuna pericolante, che verrà giù da sola tra qualche anno, come se il “panorama” occultato allo sguardo fosse quello del Pincio e non delle prostitute e del degrado che regnano a Tor di Valle. Un’opera che riqualificherebbe una zona degradata, restituendola ai romani. Oggi, gli unici visitatori della “famosa” tribuna, sono i frequentatori di prostitute, i tossicodipendenti, e gli inquinatori ambientali. Il progetto stadio non solo restituirebbe una parte di Roma alla città, ma inciderebbe del 1% del PIL cittadino, offrendo anche una piccola occasione di rilancio a chi andrebbe a lavorare nella struttura.

Ma la farsa ha ormai preso il via, ed è chiaro oggi, che a qualcuno il progetto non va, non per i motivi addotti da ambientalisti e colti, ma per giochi politico finanziari che prima o poi verranno fuori.


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