Da Il Messaggero:
Domenica 13 settembre 2009, prima gara della Roma firmata Ranieri. John Arne Riise è in panchina; proprio lui decide il match nel finale con un calcio di punizione alla thunderbolt, il soprannome che si porta dietro dai tempi del Liverpool. Si gioca a Siena, i giallorossi sono in svantaggio e poi vincono due a uno, come a Torino. Riise è in panchina perché Ranieri ha qualche dubbio sulle sue capacità difensive: lo conosce bene dai tempi del Chelsea e lo ha sempre visto giocare alto.
Una prima semi bocciatura, nulla di grave. Ora Riise è un punto fermo della Roma, ha convinto il tecnico che terzino può giocarci. Eccome. Il norvegese, scommessa vinta soprattutto da Pradè, è un misto di forza fisica, intelligenza tattica, ha lo spirito dello sportivo, ama lo sci, l’atletica, il nuoto.
l primo anno in giallorosso, non un granché. Timido, poco reattivo, grossi problemi quando c’era da difendere, nullo o quasi quando bisognava affondare. Ecco, proprio questo Ranieri temeva e vedeva in lui. Un calciatore da ricostruire. Poi, la rinascita. «Lo scudetto? Siamo destinati a salire…», le sue parole, i suoi obiettivi più o meno nascosti.
Dalla sua ha ormai i tifosi. Perché una cosa è certa: anche quando le cose non andavano bene, John non ha mai fatto mancare il suo impegno: quest’anno ha saltato solo una partita (Udinese-Roma), è quello che ha giocato di più, 1.553 minuti.