L’uomo nero interpreta la Storia in un paio d’ore. Dentro al suo racconto si celano verità di parte che autoimpongono altrui ascolto. Altrui attenzione. Qualche timoroso si premura a cambiargli il soprannome. Ivan Bogdanov era Coi, diventa la Bestia nel tempo in cui Italia-Serbia avrebbe dovuto essere calcio e festa e si tramuta in paura, terrore. I fatti, ormai, sono noti e rischiano pure, il tempo di un lancio d’agenzia in più, di essere superati. Cosa mai potrà centrare il pallone è domanda a cui si fatica a rispondere. La violenza del Marassi, semmai, ha origini che rotolano verso tematiche ben più complesse. La politica? Fino a un certo punto. L’economia? Forse. Oppure, la premeditazione di parte dei serbi è calcio, politica ed economia nella misura in cui tutte e tre i contesti rimandano al soggettivo intendimento di un interesse.
L’uomo nero col braccio destro teso come una corda somiglia a una tela di Mario Sironi e prova a svelare – pennellata, gesti, abbigliamento – il pensiero di una fazione minoritaria e prepotente che emerge trasgredendo codici e comportamenti della società civile. Maggioritaria e impotente. 29 anni, precedenti penali a carico, capo ultrà della Stella Rossa Belgrado. Non è il calcio ma pedone che si muove nel calcio; non è la Serbia, ma figlio della Serbia; non è il mondo ma unità del mondo; non è il sistema ma ingranaggio del sistema. Altri colori, ieri sera, hanno illustrato il calcio: le magliette azzurre di centinaia di bambini che si ritagliavano uno spazio nell’insieme. Altri occhi ci hanno parlato della Serbia: quelli di disappunto della gente che affollava il settore ospiti dello stadio Marassi.
Altri gesti hanno saputo impersonificare il mondo: lo sventolio di migliaia di vessilli multicolore in grado di mostrare come si possa chiedere e garantire rispetto. Altri sguardi, semmai, hanno spiegato il sistema. Quelli di un arbitro a cui è stato fornito il peggiore degli assist: assumersi le responsabilità di una decisione che, arrivati a quel punto, aveva già fatto il giro dei responsabili. Le Questure, le Federazioni, la Uefa, i conniventi. Lasciato solo in campo aperto, il signor Craig Thomson ha dato lezione al Sistema. Neppure 6′ di gioco e lo scozzese ha mandato tutti negli spogliatoi. Decisione tempestiva, esemplare, risolutoria. Neppure lui è la Scozia, semmai figlio della Scozia; neppure lui è il mondo, semmai figlio del mondo.
E non è neppure – lui solo – la società civile: tuttavia, assieme a uomini e donne, a migliaia di spettatori ha raccontato la Storia osservandone le sfaccettature da un’altra angolatura. E mostrato di essere parte della società civile. Accettando di questa oneri e onori, pregi e difetti, diritti e doveri, limiti e libertà. Parti dall’infinitesimamente piccolo, a volte. Una poltrona tra quattro mura domestiche su cui ti adagi alle 20.25 di un martedì di competizioni europee. Arrivi ai massimi sistemi. Etica, morale, Costituzione, Storia. Da Luigi XIV (“Lo Stato sono io”) a Umberto Eco (“Democrazia è anche accettare una dose sopportabile di ingiustizia per evitare ingiustizie maggiori”) passando per Ghandi (“In democrazia nessun fatto di vita si sottrae alla politica”) si sono susseguito più di 300 anni di avvenimenti: il processo di crescita di ciascun popolo (di ogni Nazione) ha smesso, di anno in anno, di essere fenomeno isolato e autonomo per trasformarsi in momento di sviluppo collettivo. La condivisione di quello che sta intorno, l’interesse verso luoghi e persone non più marginali, il confronto a largo raggio a definire il contenuto del contenitore. La società civile.
Che ieri, a scanso di equivoci, ha vinto solo lei.
In barba all’uomo nero, Ivan il Serbo la trigre di Arkan, e alle logiche – che qualcuno dovrà pure sopiegare – dei Sistemi di potere. Il perchè è presto detto: impensabile, se non in dittatura, che la minoranza decida le sorti della gran parte (uomo nero e spicci); impensabile che si faccia repressione senza aver fatto prevenzione (Questure in senso lato); impensabile che si curi la forma e ci si dimentichi della sostanza (Uefa); impensabile il sequestro di un tappo di bottiglia e l’approssimazione di fronte a coltelli e spranghe (servizio di sicurezza); impensabile che in tempi di Tessera del Tifoso quale cura di ogni male non si sappia identificare in tempo un criminale (Governo). Impensabile. Lo hanno messo in chiaro il pubblico del Marassi e Craig Thomson. Sono sembrati un’entità omogenea. La società civile. Che, a differenza dell’uomo in nero, la Storia in un paio d’ore non la interpreta. Semmai, la scrive. Calcio, politica, economia, Storia, etica, morale: esiste la maniera per riconoscere che sono intrecci conseguenziali e inevitabili. Ma quando diventano legami deprecabili e faziosi accade che gli stadi si svuotano sempre più velocemente. Qualora tornassero a essere relazioni auspicabili e universali, si riempiranno con la stessa velocità.
Si dice, troppo volte e con rammarico, che questo è il sistema. Insopportabile, vien da pensare sempre più spesso, che il Sistema sia questo.