L’Italia non ce l’ha fatta, e tutto era nell’aria. Con il senno di poi si dirà che è facile parlare ora, ma in realtà si era capito come sarebbe andato a finire già all’andata. Si percepiva dalle dichiarazioni, con Ventura ad appellarsi al pubblico, che come dice Pirlo però non segna, e la conferma è arrivata all’annuncio della formazione. Ennesima rivoluzione di un uomo confuso, Ventura, messo lì da uomini altrettanto confusi nelle scelte, perché ostaggio dei mille interessi del calcio italiano.
Il fallimento è arrivato, ma non è il fallimento di Tavecchio e Co. Loro hanno solo certificato quello che era nell’aria già da due mondiali. L’Italia calcistica è debole, senza grandi campioni, senza idee, senza gioco. In Sudafrica ci furono gli errori di Lippi, in Brasile quelli di Prandelli, oggi quelli di Ventura. Forse solo quest’ultimo però non aveva, già dall’inizio evidentemente, la stoffa per condurre gli azzurri, ma resta il fatto che tre nazionali diverse, in tre mondiali consecutivi, hanno collezionato brutte figure, arrivando addirittura a perdere con il Costa Rica quattro anni fa.
Ora tutti chiedono le dimissioni di tutti, molti hanno detto che la mancata qualificazione sarebbe stato l’unico modo per liberarsi di questa gente. Chissà se succederà, ma la riforma necessaria è più profonda delle dimissioni dei vertici calcistici. Serve investire nei vivai, negli stadi in tutto, e in Italia gli investimenti sono sempre più un problema, che un’opportunità.