Calciopoli – Nuove intercettazioni, Moggi: “Moratti e Inter sono dentro fino al collo”

di Redazione 1


 L’intervista rilasciata da Luciano Moggi a laRegioneTicino:

Insomma, Moggi non molla. Anzi rilancia.
«Avete visto? Altro che cupola: allora non era soltanto Moggi che chiamava Bergamo… Ci son dentro sino al collo anche il signor Moratti e la sua Inter. Tutti sapevano e tutti… facevano. Al processo del 13 aprile ne vedremo delle belle. Le nuove intercettazioni faranno esplodere una bomba, il nostro obiettivo è quello di far luce a 360 gradi su questa vicenda. Dal 2006 ad oggi non è stato detto e scritto tutto: alcuni aspetti sono stati volutamente taciuti. Qualcuno è riuscito a farla franca».

A chi si riferisce in particolare?
«A quelli che hanno sempre recitato la parte delle vittime e dei moralizzatori. Alla fine, come detto prima, sono coinvolti anche loro. Insomma: chi è senza peccato scagli la prima pietra».

Ciò non toglie che lei abbia calpestato il codice etico sportivo. Si sente così sicuro?
«Anche i miei ex colleghi dirigenti hanno telefonato ai vari Paolo Bergamo e Gennaro Mazzei. E aggiungo questo: nelle famose conversazioni non mi pare che io abbia chiesto di far vincere la Juventus o di pregiudicare altre squadre. La verità è che hanno voluto fare di Luciano Moggi un capro espiatorio».

Direttore: lei per fare successo ha dovuto ricorrere a mezzi non molto puliti. Lo ammetta.
«E chi lo dice?».

Un esempio? Al processo Gea, la società che gestiva le procure sportive di diversi calciatori soprattutto italiani, è stato condannato in primo grado a un anno e sei mesi per violenza privata nei confronti di alcuni calciatori.
«Hanno prevalso le calunnie. Hanno voluto affossarmi e i testimoni sfilati nell’aula di tribunale sono ricorsi alla menzogna. Facile prendersela con Moggi».

Un altro esempio? Che ne dice delle intercettazioni telefoniche che l’hanno inchiodata e spedito la Juventus in B?
«Si è invasa una sfera privata in modo illegale…».

E le montature?
«Di questo parleremo al momento opportuno e nelle sedi opportune. Per ora la giustizia non è riuscita a dimostrare niente».

E la denuncia a suo carico dell’ex direttore sportivo della Roma Baldini?
«Ne riparleremo al processo di Napoli».

Il Bologna ha tentato di farla rientrare dalla porta di servizio. Ma la stampa e i tifosi l’hanno ostacolata.
«Sono stato io a decidere di non andare. Non volevo creare problemi alla famiglia Menarini che, per altro, con me è stata molto disponibile. E poi al Bologna avrei al massimo fornito qualche consulenza».

In Italia le polemiche sugli arbitri e i loro presunti favori continuano. All’Inter hanno detto: ‘Moggi non c’è più ma non è cambiato nulla’.
«L’Inter, almeno per ora, è stata salvata da Calciopoli. Ma verso la fine degli anni Novanta aveva avuto diversi problemi per la questione dei passaporti. Eppure, nessuna sanzione importante fu presa nei suoi confronti. E oggi gli interisti continuano a fare la morale. Ma farebbero bene a stare zitti. Anche loro hanno la coscienza sporca. La storia dei poteri forti è stata creata ad arte perché i nerazzurri non vincevano più nulla da oltre quindici anni. Ma ripeto: il 13 aprile ascolteremo le nuove intercettazioni e poi ne riparleremo. Per altro, alcuni giornali le hanno già pubblicate».

I tifosi bianconeri invocano sempre il suo nome.
«Una questione di semplice gratitudine. Quando lavoravo a Torino ho costruito con altri una squadra che sapeva vincere ovunque. Per questo mi ringraziano ancora oggi. Da tutta Italia ricevo sempre attestati di riconoscenza».

Qualcuno dice che se Berlusconi avesse vinto le elezioni nel 2006, lei sarebbe stato risparmiato da Calciopoli.
«Ma va… Incontrai Berlusconi nella primavera del 2006 e il presidente rossonero mi chiese se avessi voluto entrare nel Milan come direttore generale. Ma poi sapete come andarono le cose. Se Berlusconi avesse vinto le elezioni non credo sarebbe cambiato qualcosa. Anzi».

Si spieghi…
«Due settimane dopo l’incontro con Berlusconi, in federazione arrivarono i fascicoli della Procura di Torino con le intercettazioni che mi concernevano. Carraro informò subito Galliani, il quale ne parlò con l’attuale presidente del Consiglio. L’amministratore delegato milanista suggerì a Berlusconi di lasciar perdere. Per via, appunto, dell’inchiesta che mi avrebbe successivamente coinvolto».

Senta Moggi: malgrado le squalifiche e le condanne subite lei è sempre ospite molto gradito di alcune trasmissioni sportive italiane (Canale 5, Italia 1, Telelombardia, Antenna 3) e tiene pure una rubrica settimanale sul quotidiano ‘Libero’. Come si spiega?
«Volenti o nolenti faccio sempre notizia – conclude un Luciano Moggi in gran spolvero – . Che ci posso fare. Certo che quel Josè Mourinho (tecnico dell’Inter, ndr) è un gran bel rivale. Ogni giorno le spara grosse e i giornalisti ci costruiscono una storia da pubblicare. Al livello mediatico è un numero 1».


Commenti (1)

  1. L’ex Capo ufficio indagini della Federcalcio: «La vastità del contesto, la unicità di questo che è il più grande scandalo del mondo del calcio, il numero davvero ampio di società e soggetti coinvolti, i plurimi filoni investigativi che sin da ora emergono e che vieppiù emergeranno nel prosieguo, Non permettono di ritenere conclusa l’opera di individuazione delle responsabilità eventualmente attribuibili ad altre società e ad altre persone fisiche»
    TORINO, 9 aprile – Ci sono dejavu che ritornano spontaneamente alla memoria, altri che riemergono rileggendo le migliaia di pagine che si sono accumulate negli archivio di quella folle estate del 2006. Quella in cui Calciopoli sconvolse il calcio italiano. In quell’estate ci fu anche la «presa di possesso» degli Uffici federali di via Allegri da parte degli uomini «esterni al calcio»: Guido Rossi, che assunse l’incarico di commissario, ma pure Francesco Saverio Borrelli, l’ex capo del pool di Mani Pulite chiamato a guidare l’Ufficio indagini al posto del dimissionario Italo Pappa. Una nomina, quella di Borrelli, che fu subito salutata con diffidenza da Silvio Berlusconi: «Si sono scelti l’arbitro».

    IL PULLMAN – In quella torrida estate romana, Borrelli raggiungeva gli uffici di via Allegri in pullman. Promise indagini rapide e sperò a lungo in qualche “pentitismo” che rompesse l’omertà sullo stile di Mani pulite. Oggi uno dei legali degli imputati di Calciopoli, Silvia Morescanti, sostiene che il giudice ignorò i pedinamenti degli arbitri messi in atto da Moratti, ma sappiamo anche che non gli fu mai segnalata la deposizione dell’assistente Coppola che parlava del “sistema” globale. E sarebbe potuto davvero essere lui, il “grande pentito” che cercava Borrelli.

    LE CONCLUSIONI – In ogni caso, qualcosa Borrelli deve avere subodarato, se non addiritura capito, visto che – il 19 giugno del 2006 – concluse con queste inequivocabili parole la relazione che consegnò al procuratore Stefano Palazzi: “Resta da ripetere che le indagini dovranno proseguire: la vastità del contesto, la unicità di questo che è il più grande scandalo del mondo del calcio, il numero davvero ampio di società e soggetti coinvolti, i plurimi filoni investigativi che sin da ora emergono e che vieppiù emergeranno nel prosieguo, Non permettono di ritenere conclusa l’opera di individuazione delle responsabilità eventualmente attribuibili ad altre società e ad altre persone fisiche”. Più chiaro di così…

    CALCIOPOLI NON E’ FINITA – Una teso che Borrelli ribadiav anche nel maggio dell’anno successivo: «Calciopoli non è ancora finita. Non si può dire – ha aggiunto Borrelli – che le indagini

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