L’intervista concessa alla Gazzetta dello Sport dall’amministratore delegato della Roma, Claudio Fenucci, ha lasciato un po’ perplessi.
Già all’inizio della settimana era circolate le voci di una proposta fatta da Unicredit, nella persona di Ghizzoni, ad Angelucci per entrare in società. Proposta che è stata rimandata al mittente.
Questa mattina sulle colonne del giornale rosa sono comparse le parole di Fenucci, che il giornalista Roberto Renga ha etichettato come “confessione di povertà”. Noi ci riportiamo la parte più significativa:
Ma i tifosi cominciano a chiedersi quando e se la Roma americana vincerà qualcosa?
«Dobbiamo essere onesti. Abbiamo ricevuto un’eredità finanziaria complessa, la Roma nel recente passato ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità. Abbiamo numeri negativi e li avremo per un po’: il percorso di risanamento che abbiamo iniziato ci consentirà di tornare in equilibrio nel 2014. Fino ad allora, dovremo essere bravi a restringere la rosa e ridurre il monte ingaggi pur non rinunciando agli investimenti. Ma sempre su giocatori di prospettiva, talenti da crescere».
Questo significa che per i prossimi tre anni la Roma non potrà permettersi un Ibrahimovic o un Messi?
«Evidentemente è così».
Eppure avete previsto un investimento enorme per rinnovare il contratto di De Rossi. Quanto vi divide ancora?
«C’è differenza, certamente non siamo ai dettagli finali. Stiamo pensando di modulare la nostra offerta in modo tale da rendere i primi anni del contratto più in linea con il nostro budget. Aspettiamo risposte».
Restiamo sui numeri: cosa manca alla Roma per raggiungere il fatturato delle grandi?
«Lo stadio, solo quando ne avremo uno nostro potremo colmare il gap con Juventus, Milan e Inter. Nel frattempo, potremo solo aumentare i ricavi dallo sfruttamento del marchio. Ma per riuscirci, dobbiamo aumentare la competitività della squadra e tornare stabilmente nelle coppe europee. Sta qui la nostra difficoltà. I posti in Champions sono limitati e l’Europa League non offre la stessa vetrina. Io le riunirei in un’unica competizione, in modo da garantire posti sicuri ai Paesi più sviluppati».
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