Quindici stagioni vissute con la maglia della Roma, con 318 partite giocate, condite da 49 reti, grandi giocate e l’attaccamento alla squadra hanno reso Giuseppe Giannini, il ‘Principe’ per i tifosi romanisti, uno dei più importanti giocatori della storia giallorossa. Nel giorno del ventesimo anniversario di Francesco Totti in Serie A il ‘Principe’, ai microfoni di Sky Sport, ha reso omaggio a chi ne ha ereditato la maglia con il numero 10, la fascia di capitano (anche se per un certo periodo era stata affidata a un altro grandissimo come Aldair), ma soprattutto il posto nei cuori dei tifosi.
Cosa ricordi di quel Brescia Roma?
“Non molto di quella partita. Ricordo che vincemmo e lui esordì. Leggo i giornali e tanti attestati di stima, ma quello che lo conosce meglio sono io. Voglio la piena paternità di questo ragazzo”.
Quando hai dato l’addio alla Roma hai detto spero che la maglia vada a Totti. Lo sapevi?
“Non era difficile immaginarlo e prevederlo. Da ragazzo già si notavano le sue caratteristiche e ho dato questa piccola o grande sentenza”.
Dal punto di vista umano ci racconti qualcosa su di lui?
“Lui è così come sembra. Ognuno vuole prendersi i meriti. Io ricordo i primi tempi in prima squadra. Fabbri, dirigente accompagnatore, mi chiese la cortesia di prenderlo in camera con me visto che avevo la singola per farlo inserire. Lo vedevo che era timido”.
Come è stato il rapporto tra voi?
“Lui era silenzioso e non parlava mai. Poi pian piano si è sciolto e inserito per giocare a carte. Da lì è nata una stima reciproca”.
Si discute del ruolo. Quale è la sua posizione ideale?
“La sceglie lui in campo, sa in qualsiasi momento dove può essere utile e sa pesarsi sotto il profilo psicologico e fisico. Ogni campione sa cosa può fare e riesce a trovarsi una posizione in campo. Se arretra riesce ad inserire i compagni in zona gol”.
C’è un episodio che ricordi che faceva pensare che potesse arrivare?
“No, si vedeva già in allenamento. Fisicamente si è formato, calciava con entrambi i piedi e a quell’età non era cosa da poco. E’ sempre stato umile e ha avuto grandi maestri che lo hanno portato a migliorarsi”.
Un messaggio per lui?
“Io non volevo intervenire perché ne sento parlare troppo. Lui sa quello che io provo, ho provato e proverò sempre per lui”.