Ferzan Ozpetek riassumerebbe in questa maniera: il giorno perfetto. Perchè Roma-Inter, per i giallorossi e per tutti coloro che avevano voglia e interesse a che il campionato fosse riaperto, si è conclusa nella maniera migliore. Per La Gazzetta dello Sport è il modo per mettere in risalto due dati: quanto sia forte la rosa rigorosamente madein Italy dei giallorossi e quanto la Champions League abbia condizionato le prestazioni dei nerazzurri. Testuale:
Grazie Roma, canta l’Olimpico impazzito di gioia e profumato di scudetto. Grazie Roma, ripete il Milan che può tornare in corsa se stasera batte la Lazio. Mentre l’Inter deve stare attenta alla lupa giallorossa, perché questa sconfitta le lascia soltanto un punto di vantaggio. Troppo poco, ripensando a come si inchina a una squadra vera: una grande Roma, che incomincia con la R di Ranieri, elegante mago de noantri. La sfida scudetto che si gioca all’ora dell’happy hour ubriaca di felicità un’intera città, facendo girare la testa ai pluricampioni d’Italia. Gara intensissima e incerta fino all’ultimo secondo dei 96’, a conferma del fatto che l’Inter fa sempre paura come dimostra il palo di Milito nel recupero, dopo le traverse di Samuel e dello stesso Milito sull’1-0, a cavallo tra i due tempi.
Ma a scanso di equivoci, tre pali (a zero) a favore dei nerazzurri possono ingrassare il conto dei rimpianti senza inquinare il giudizio sulla partita, vinta meritatamente dalla Roma «made in Italy», come dimostrano le carte d’identità dei due uomini-gol e del loro allenatore. La chiave I giallorossi si confermano superiori in mezzo, grazie al grande movimento di De Rossi e compagni e al perfetto piano tattico di Ranieri, che stravince il confronto con Mourinho. Il 4-2-3-1 di Bologna, modificato inizialmente in 4-4-2 con Menez e De Rossi larghi tra Perrotta e Pizarro, si trasforma spesso in 4-1-4-1 quando Pizarro arretra davanti alla difesa, mentre Vucinic scala a sinistra, con De Rossi al centro. E così la Roma è sempre in superiorità numerica di fronte a un’Inter spenta proprio nel reparto centrale. Al di là della tattica, infatti, i giallorossi vincono grazie anche a una migliore freschezza atletica. La Roma sceglie il giorno più importante per tornare a battere l’Inter dopo il 4-1 del 7-3-2004, allungando la sua incredibile serie di 21 gare senza sconfitte con 15 vittorie e 6 pareggi. Numeri da grande rincorsa che riducono da 14 a 1 punto il distacco dall’Inter. Lo scudetto non è più una parola proibita, perché tutti scoppiano di salute e nelle ultime 7 gare di campionato, mentre l’Inter sarà felicemente distratta dalla Champions, dopo il confortante rientro di ieri, Totti potrebbe essere il valore aggiunto di una squadra in cui è difficile scegliere il migliore. Da Toni che fa la differenza a Vucinic che si sdoppia tatticamente, da Pizarro a De Rossi signori del centrocampo, senza scordare la generosità di Cassetti, questa Roma ha il diritto e il dovere di sognare almeno un arrivo alla pari dell’Inter, perché grazie a questo 2-1, dopo l’1-1 dell’andata, le soffierebbe il più beffardo degli scudetti. Inter nervosa I sorrisetti di Mourinho in panchina tradiscono il nervosismo della squadra, perché 7 ammoniti (Maicon, Lucio, Zanetti ed Eto’o salteranno la gara con il Bologna per squalifica) sono troppi, a conferma di un momento difficile almeno in campionato. Tre volte grande sul campo della Roma, dove aveva vinto negli ultimi tre anni (1-0 e 4-1 con Mancini, 4-0 con Mourinho), stavolta l’Inter non è soltanto tre volte sfortunata, pensando alle traverse e al palo. E’ anche colpevole, soprattutto nel primo tempo, perché sbaglia Julio “Dida” Cesar sul gol dello 0-1, sbaglia Mourinho a dare fiducia a Stankovic, e più in generale sbagliano i centrocampisti a non assistere Eto’o e Milito che giocano per conto loro con l’unico intermittente aiuto di Sneijder. Mentre la Roma è una squadra, l’Inter è una fiera dei singoli. Ma i singoli non sempre bastano, come non bastano i consueti azzardi tattici di Mourinho che nel tentativo di acciuffare il 2-2 toglie Motta e Cambiasso, inserendo Quaresma e Chivu, che va a sinistra. Zanetti diventa l’unico centrocampista in un disperato 4-1-2-3 con 5 attaccanti: Pandev (già inserito al posto di Stankovic) e Sneijder trequartisti dietro il tridente Quaresma-Eto’o-Milito. Il palo che nega il 2-2 forse è il segnale che il vento è cambiato. La quarta sconfitta in campionato alla vigilia della Champions (0-1 in casa Samp, 1-2 in casa Juve e 1-3 in casa Catania) è la conferma che l’Europa logora chi ce l’ha. E allora non rimane che sperare nella tradizione, felice soprattutto contro il Chelsea. Perché mercoledì ci vorrà un’altra Inter per battere il Cska.