Futuro societario, l’articolo della Gazzetta dello Sport:
Due premesse, doverose. La prima: non ci sono offerte sul tavolo della banca. La seconda: gli uomini chiave sono ancora in vacanza, l’avvocato di UniCredit Roberto Cappelli e il managing director di Rothschild Alessandro Daffina.
Facciamo il punto – Di offerte non ce ne saranno fin quando chi vuole comprare non avrà risolto almeno tre interrogativi: quanto costa la Roma? Potrà costruire lo stadio senza dover prima scalare le montagne? In quanto tempo avrà un ritorno sugli investimenti? È il lavoro di Daffina. È lui che sta mettendo insieme il dossier Roma: un memorandum da inviare, su richiesta, a tutti i soggetti interessati, i quali poi verranno accuratamente selezionati e girati all’attenzione di UniCredit. Solo a quel punto, la cessione della Roma potrà entrare nel vivo: chi vorrà farà la sua offerta, ovviamente previa due diligence. Intanto, il dossier è ancora incompleto. Per calcolare investimenti, ritorni, potenzialità del merchandising e del futuro stadio di proprietà, Daffina si è basato sul lavoro fatto per Soros due anni fa. Mancano le analisi di bilanci, contratti, debiti, Trigoria e marchio. Il dossier verrà completato solo a settembre.
Italiani – Ovvio che UniCredit e Rothschild abbiano già preso contatti con soggetti potenzialmente interessati, italiani e stranieri. Degli italiani si è già tristemente detto: Angelini è sparito, Angelucci non è ritenuto competitivo, Clessidra può solo fare da capo cordata. Fin qui, gli italiani hanno mostrato il braccino: 150-200 milioni per loro sono troppi.
Stranieri – È all’estero che sono maturati i contatti più interessati. Come nel 2004, con i russi. Come due anni fa, con Soros. Gli americani partecipano anche a questo ballo. La Inner Circle Sport, che nel 2008 rappresentava il magnate ungherese, ha riavviato le consultazioni: prima con Soros, rispedita al mittente. Ora con il californiano John J. Fisher — il padrone di Gap —, pure lui coinvolto già due anni fa. E ha chiesto informazioni sulla Roma anche un fondo di private equity attivo nell’entertainment, molto interessato. In generale, gli americani chiedono se un’operazione simile preveda ritorni a breve/media scadenza. C’è, poi, tutto il fronte arabo. Incontri con i rappresentanti della famiglia reale saudita, la mediazione di Tarak Ben Ammar (già chiamato in causa per i libici) con il principe Al Waleed, la richiesta di informazioni da parte del fondo sovrano di Abu Dhabi Aabar. Gli arabi aspettano di conoscere le cifre e chiedono rassicurazioni sull’impatto politico. Rispetto al passato, la new entry arriva dalla Cina. C’è stato più di un abboccamento con Kenny Huang, che si muove con i soldi del potentissimo China Investment Corporation. Poi l’imprenditore ha deciso di dirottare energie e denaro sul Liverpool, convinto dal fatto che lì un progetto per lo stadio lo hanno fatto realmente e basta solo avviarlo. La soluzione cinese era la preferita di UniCredit, ma ora «è lontana». Remota, ma per altre ragioni, anche la possibilità che la Roma sia ceduta a Naguib Sawiris, il padrone di Wind, con la Sensi ancora protagonista: l’egiziano è messo maluccio, con lui sarebbe un’altra operazione a debito. E la banca ha già dato.