Oh, Firenze. Oh, Fiorentina – direbbe Narciso Parigi. Sono passati la bellezza di 83 anni e spicci dai tempi del marchese Luigi Ridolfi Vay da Verrazzano (che fondò il club il 26 agosto del 1926) a quelli di Diego Della Valle. Dalla Palestra Ginnastica Fiorentina Libertas (come si chiamava ai tempi) alla ACF Fiorentina. Quasi diciassette lustri nel corso dei quali – suvvia – qualcosina, i successori di Dante Alighieri, l’hanno vista e s’è pure vinto. Senza strafare, con moderazione: si somigliano parecchio, in questo senso, la Roma e la Fiorentina. Squadre di città che quando hanno festeggiato, lo hanno fatto con sommo godimento. Come accade nelle circostanze speciali: e lustrare la bacheca – dalle parti di Viale Manfredo Fanti – è un evento eccezionale. Il palmares nazionale racconta di 2 scudetti, 6 Coppe Italia, 1 Supercoppa italiana; quello internazionale mette in bella vista 1 Coppa delle Coppe; 1 Mitropa Cup, 1 Coppa di Lega Italo-Inglese.
FILM VIOLA. In un cortometraggio degno del miglior Luke Doolan (candidato all’Oscar 2010 per Miracle Fish, non l’aveste ancora visto: merita!), la storia della Fiorentina sarebbe un vernacoliere in versi con tanto di immagini simboliche dalle quali non si potrebbe prescindere. Pallone e volti in cornice – certo – ma anche parecchie intrusioni geografiche e folkloristiche inevitabili. Ci starebbero dentro il Giglio e il colore Viola (fu il marchese stesso a scegliere la cromatura della divisa: inizialmente bianca e rossa, si narra che assunse un colore violaceo dopo un errato lavaggio. Piacque talmente tanto, il risultato, che da allora il colore della maglia non s’è più cambiato); Santa Croce e Ponte Vecchio; le rive dell’Arno che si allungano dalla piana su cui sorge la città fino al ventre dell’entroterra (con tanto di alluvione drammatica: era il 4 novembre 1966, vi furono devastazioni e alcuni morti oltre al danneggiamento di preziosi volumi custoditi nella Biblioteca Laurenziana. Si mobilitarono volontari da tutta Italia per soccorrere Firenze e i fiorentini); le colline di Fiesole con le lotte intestine tra Guelfi e Ghibellini; la maschera di Stenterello a raffigurare il tipico personaggio fiorentino chiacchierone e impulsivo, ingegnoso, fifone ma pronto a schierarsi dalla parte del più debole; l’onore del titolo di Capitale d’Italia dal 1865 al 1870, con conseguenziale passaggio di consegne a Roma, quando l’attuale Capitale venne ammessa al neonato Regno; lo scintillio della Medaglia d’Oro al Valor Militare per i sacrifici della sua popolazione e per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale; le scene del Maggio Musicale Fiorentino, che onora la città fin dall’antichità con balli, musiche e rappresentazioni teatrali; il pane toscano (piatto, senza sale e con crosta croccante), la proverbiale bistecca (un taglio di manzo di almeno 1-1,5 kg e alta almeno 5-6 cm), il cervello alla fiorentina (preparato utilizzando il cervello di bovino adulto o di vitello), il vino Chianti. Poi, per carità, il ricordo di Girolamo Savonarola e Niccolò Machiavelli; Dante Alighieri e Sandro Botticelli; da Filippo Brunelleschi a Guido Cavalcanti; dalla famiglia de’ Medici ad Amerigo Vespucci. Senza tralasciare Giancarlo Antognoni e Giancarlo De Sisti; Luciano Chiarugi e Kurt Hamrin; Roberto Baggio, Batistuta, la famiglia Cecchi Gori.
…SI ‘N TENTI TU TENTAN TANT’ALTRI. Ecco, tralasciando anche una delle riproposizioni appena indicate, comprendere l’universo della Fiorentina e del tifo Viola sarebbe quantomeno difficile. Perchè, per quanto si tratti apparentemente di sport, il calcio a Firenze è altro. Molto altro, come insegna la gestione attuale griffata Cesare Prandelli, ultimo in ordine cronologico a guidare il club che ebbe in Károly Csapkay il primo allenatore della sua storia. In principio furono il Club Sportivo Firenze e la Palestra Ginnastica Fiorentina Libertas: il 1926 segnò la fusione dei due club in una sola società, la Fiorentina. Per iniziare un cammino solido alla ricerca di traguardi importanti. Lo spirito, quello di sempre. Provarci intensamente e vedere come va. Tanto – vi direbbe qualunque fiorentino – si ‘n tenti tu, tentan tant’altri!
A.C.F. FIORENTINA. Ammissione alla Prima Divisione – girone C (anno 1926-27) – con esordio in campionato il 3 ottobre 1926: vittoria. Contro il Pisa. Che non fruttò, tuttavia, niente più di un sesto posto finale (su un totale di 10 squadre) garantito grazie alle prestazioni di Rodolfo Volk, capocannoniere d’annata e non uno qualsiasi. Chiedete ai tifosi della Roma. L’anno dopo venne sfiorata la vittoria, mancata in seguito alla sconfitta registrata a Bari contro la formazione locale (5-3): prima a fine torneo a pari merito con la Ternana, che si impose grazie ai risultati degli scontri diretti (3-3 a Firenze, 1-0 a Terni). Il 1928-29 fu un momento decisivo per il mondo del calcio: si posero le basi per determinare la struttura organica degli attuali campionati. Nella fattispecie: i tre gironi furono ridotti a due, le prime otto classificate (sedici le squadre per girone) di ciascuno avrebbero partecipato – l’anno dopo – al torneo di massima serie, le successive sei avrebbero dato vita alla serie B e le ultime due sarebbero retrocesse in serie C. La sorte peggiore toccò proprio alla Fiorentina – finita ultima del gruppo B – che riuscì ad evitare la declassazione in serie C grazie a un intervento in tal senso risolutorio della Figc, che ritoccò la formula precedentemente annuciata. La prima gara stagionale, amichevole in vista dell’esordio in cadetteria, venne disputata il 22 settembre 1929 e coincise con l’esordio ufficiale della divisa viola con giglio sul petto: avversario, proprio la Roma. La graduatoria finale di serie B sentenziò, per la Fiorentina, un quarto posto (frutto dei 40 punti racimolati) con tanto di permanenza in cadettaria.
FIRENZE IN MASSIMA SERIE. Nel 1930/31, la promozione in A: primo posto con 46 punti, in porta c’era il Gatto Magico Bruno Ballante, strappato in corso di stagione ai giallorossi. La massima serie è uno stravolgimento: in termini di ambizioni, obiettivi, entusiasmo. Per la prima volta, ci si trova a competere contro squadroni del calibro di Juventus, Genoa, Roma. La campagna acquisti non può non tener conto della forza avversaria, e si punta immediatamente su calciatori di qualità certificata: Gazzari dalla Triestina, Bigogno dal Legnano, Prendato dal Padova, Pitto e Busini dal Bologna. In panchina, l’ex felsineo Hermann Fellsner. Tra qualche meteora – su tutti, Pedro Petrone, uruguaiano in declino che si fece notare per mondanità e per aver bucato la rete nel corso di un allenamento sul Viale dei Colli – e punti fermi – Carlos Gringa, anch’egli uruguagio, approdò a Firenze per non lasciarla più – i toscani riuscirono a chiudere due decenni di campionato in maniera dignitosa. Nel 1937/38 il sedicesimo posto valse la retrocessione, il conseguente primato in cadetteria nell’anno 1938/39 significò promozione immediata. Poi, una serie di piazzamenti – tutti rigorosamente nella colonna di sinistra della classifica – a precedere il tocco di Paradiso.
TRICOLORE. “La gloria di colui che tutto move per l’universo penetra e risplende in una parte più e meno altrove“: nel caso specifico il lui è una lei. Ma Dante avrebbe detto più o meno così: siamo al 27 maggio 1956, ultima gara casalinga. Fiorentina-Lazio, finisce 4-1: lo scudetto viene celebrato con sfilate e caroselli lungo le vie del centro, allo stadio (costruito in zona Campo di Marte ai tempi della storica promozione in A: inizialmente intitolato a Giovanni Berta, un caduto fascista, divenuto “Comunale” dopo la Seconda Guerra, detto “Artemio Franchi” dal 1991 in onore dell’ex presidente di FIGC nonchè dirigente Viola). Enrico Befani il Presidente; Fulvio Bernardini (dice qualcosa ai giallorossi?) l’allenatore; in campo ci sono campioni del calibro di Julio Botelho detto Julinho, Miguel Montuori, Guido Gratton, Armando Segato, Maurilio Prini e Claudio Bizzarri, Beppe Chiappella, Ardico Magnini, capitan Francesco Rosetta, Sergio Cervato, Giuliano Sarti, Giuseppe Virgili. L’anno successivo, è finale di Coppa Campioni contro il Real Madrid di Alfredo Di Stefano, detentore del trofeo, che si impose per 2 reti a zero sul terreno del Bernabeu: se la sono giocata, i Viola, ma quando hai contro – e contemporaneamente – talenti del calibro di Di Stefano e Gento, resistere fino al 68′ senza prendere gol e come aver portato a casa un manico della Coppa. Ad assistere all’incontro, oltre ai centomila da brividi assiepati al Santiago, anche Francisco Franco, il dittatore del franchismo (dal 1939 al 1975). A seguire, 4 secondi posti in campionato e la vittoria – prima squadra italiana – di una competizione europea: la Coppa delle Coppe. E’ il 1961 e la doppia finale contro il FC Rangers di Glasgow si chiude con altrettanti successi (2-0 e 2-1) della Fiorentina (il bis non riesce: ad imporsi nella sfida conclusiva della stagione seguente, è l’Atletico Madrid).
SECONDO SCUDETTO. Altalena di quarti e quinti posti in campionato, poi il secondo scudetto: annata 1968/69, allena Bruno Pesaola e tessono il gioco Chiarugi, De Sisti, Amarildo, Esposito, Merlo, Maraschi, Ferrante, Brizi, Rizzo, Superchi, Rogora, Mancin. Roba che i tifosi storici, a Firenze, ve la dicono a memoria in sei secondi virgola cinque. La formazione di quell’anno. Poi, anonimi Seventies, verrebbe da dire: solo una Coppa Italia. Nel ’75. Fino agli anni ’80, quelli dei Pontello. In Francia, a sentire il cognome, i puritani storcerebbero il naso: da quelle parti dire Pontello equivale a parlare di hard movies (Gabriel Pontello, uno degli attori di genere più famosi). A Firenze, invece, i Pontello sono imprenditori di spessore elevato: a capo di una azienda edile, il gruppo decide in tre secondi. Dall’investimento nel mattone a quello nel pallone: campagna acquisti faraonica per conquistare la piazza. Graziani e Pecci dal Torino, Bertoni dal Siviglia, Massaro dal Monza, Vierchowod in prestito dalla Sampdoria. Tutti funzionali al fuoriclasse Giancarlo Antognoni, attorno al quale gira l’intero progetto: è il 1981 e i Viola si giocano il campionato contro la Juventus, in un testa a testa che dura fino all’ultima giornata. Tra alti e bassi, paura (gravissimo infortunio occorso ad Antognoni il 9 ottobre dell’81, incontro Fiorentina-Genoa: in seguito a un contatto con l’estremo avversario, il 10 fiorentino riportò la frattura alle ossa craniche che lo tenne lontano dai campi per quattro mesi) ed euforia: la gara conclusiva di stagione vede la Fiorentina a Cagliari e i bianconeri a Catanzaro. 44 punti per entrambe, primato in condivisione. La Fiorentina non va oltre il pari (con discusso gol annullato a Graziani), la Juve si impone grazie a un rigore di Brady per fallo di mano in area di un difensore calabrese. Tricolore alla Vecchia Signora e nascita di una rivalità che non s’è mai sopita anzi, semmai fosse possibile, è accresciuta anno dopo anno, episodio su episodio. A Firenze archiviarono gli episodi contestati e la delusione con un motto sempreverde: meglio secondi che ladri. Gli anni a venire, calcisticamente parlando, si ricordano per avvenimenti che hanno poco a che vedere con il verdetto del campo (i Viola non vanno oltre il quarto posto finale, 1985/86): in due parole, si riassumerebbero con nome e cognome. Roberto Baggio.
BAGGIO, ODI ET AMO. Perché Firenze ha vissuto in simbiosi con il talento vicentino per la bellezza di cinque anni. Dal 1985 al 1990. Baggio era Firenze ancor prima di rappresentare i colori gigliati. Di rimando, la Fiorentina è stata Baggio dipendente in ogni frammento di tempo compreso in quei 5 anni. Nella stagione 1984/85 il vicentino militava ancora nelle fila del Vicenza: stava contribuendo alla risalita in B del club veneto (12 gol in 29 partite) e la Fiorentina lo aveva già acquistato per la stagione successiva prima che il Divin Codino subisse un gravissimo infortunio nella sfida contro il Rimini. Compromessi, in un colpo solo, legamento crociato anteriore, capsula, menisco e legamento collaterale del ginocchio destro. Il club toscano non lo abbandona: contratto rispettato, due anni di stop forzato fino all’esordio in Viola. 21 settembre 1986, contro la Samp. Primo gol ufficiale, 10 maggio 1987, contro il Napoli. 1988, prima convocazione in Nazionale. Firenze ai piedi, ma i soldi hanno rotto ben altre alchimie. Figurarsi se i 25 miliardi sborsati dalla Juventus – 18 maggio 1990 – potessero essere ignorati dai Pontello; Baggio coperto d’oro passò dai Viola ai bianconeri. Attimi concitati: il popolo fiorentino scese in piazza, venne contestata anche la Nazionale in vista dell’imminente Mondiale di calcio. Il procuratore di Baggio, Antonio Caliendo, raccontò un episodio interessante: “Mi ricordo ancora la scena: quando Baggio passò dalla Fiorentina alla Juventus, in conferenza stampa, davanti ai giornalisti gli misero al collo la sciarpa bianconera e lui la gettò via. Fu un gesto imbarazzante. Io dissi che il ragazzo andava compreso: era come se avessero strappato un figlio alla madre. Ammetto che, quella volta, rimasi molto colpito anch’io”. L’anno successivo, il Baggio bianconero offrì ulteriore spunto di discussione: rimase celebre il rifiuto di calciare un rigore durante un Fiorentina-Juventus (1-0) dell’aprile 1991. Venduto un pezzo di storia calcistica, ai Pontello non restò che cedere il club.
CECCHI GORI GROUP. E, tra un ciak e l’altro, a farsi avanti fu il noto produttore cinematografico Mario Cecchi Gori che lasciò terreno spalancato (anche per un cagionevole stato di salute che lo portò a spegnersi nel 1993, infarto) al figlio Vittorio. Farsa, l’ha definita qualcuno; qualcun altro ha parlato di comiche: tant’è, nell’annata 1992/93 Firenze continua la parabola discendente e vive l’onta della retrocessione. Comincia tutto bene: in panchina Gigi Radice, in campo giocatori di primo piano quali Stefan Effenberg e Brian Laudrup, Francesco Baiano e Fabrizio Di Mauro. Poi, in un raptus, Cecchi Gori smonta il giocattolo: a gennaio 1993 Radice viene esonerato dopo una sconfitta interna. Al suo posto Aldo Agroppi: disastro. Poi ancora, Luciano Chiarugi e Giancarlo Antognoni: insufficienti. Dopo 54 anni di massima serie, è ancora cadette ria. Basta un anno, e la mano di Claudio Ranieri, per risalire la china: in panchina c’è il te staccino, in attacco un certo Gabriel Omar Batistuta. E’ subito promozione, con tanto di acquisti spettacolari: Francesco Toldo, Anselmo Robbiati, Manuel Rui Costa, Enrico Chiesa. Ora, perso il simbolo più amato con tanto di trasferimento nel club più odiato, a issare la bandiera di Firenze ci sono loro due: Rui Costa e Batistuta. Una delle coppie più armoniose e spettacolari che abbia regalato il calcio italiano. Portano nella città toscana, dopo 21 anni, la Coppa Italia (1996) e la Supercoppa Italiana. L’anno dopo ennesimo intervento del patron: cacciato Ranieri per la mancata qualificazione in Uefa, subentra Malesani. Anonimato. Poi, Giovanni Trapattoni. Due anni per sfiorare lo scudetto e vivere la bellissima favola della Coppa dei Campioni (eliminazione ai quarti). Ci si sveglia dal sogno per ripiombare in un incubo: è il 2000, Batistuta se ne va a Roma con il club obbligato a vendere anche per problemi di bilancio. L’anno dopo sarà la volta degli addii di Rui Costa e Toldo. Si retrocesse di nuovo, ma sarebbe stato il male minore: il 1 agosto 2001 la Figc escluse dal campionato di Serie B la AC Fiorentina per un passivo di 22.000.000 di euro non colmato. Il tribunale civile di Firenze decretò il fallimento della AC Fiorentina Spa, con la Ternana che veniva ripescata in Serie B.
IL CAMMINO DEI DELLA VALLE. Si riparte dalla C2. Si riparte con la famiglia Della Valle: in due anni riesce il miracolo dell’approdo in serie A. Con una rosa di qualità: Fabrizio Miccoli, Enzo Maresca, Christian Obodo, Dario Dainelli, Tomáš Ujfaluši, Martin Jørgensen e Cristiano Lupatelli, Angelo Di Livio. Una delle date recenti ricordate con più piacere dal pubblico viola è quella che riporta al campionato 2005/06, ovvero quello degli arrivi del direttore sportivo Pantaleo Corvino e dell’allenatore Cesare Prandelli. In rosa, ci finiscono campioni veri: Toni, Frey, Gamberini, Montolivo, Pasqual, Fiore, Brocchi, Pazienza, Di Loreto, Kroldrup e Pancaro. In campionato si chiude al quarto posto, con tanto di partecipazione ai preliminari in Champions League: Calciopoli, tuttavia, cancella ogni verdetto. Altra batosta per il club, coinvolto attivamente negli illeciti: penalizzazione di 30 punti nel campionato 2005/06 con conseguente perdita della qualificazione in Europa e partenza ad handicap (-15 punti) per la stagione 2006/07. Condanna a Diego Della Valle (proprietario Fiorentina) per 3 anni e 9 mesi e a Andrea Della Valle (Presidente Fiorentina) per 3 anni. In estate arrivano altri acquisti eccellenti: Adrian Mutu, Mario Alberto Santana, Fabio Liverani, Manuele Blasi e Massimo Gobbi. Con tanto di penalità, si chiude al sesto posto (Uefa): miglior difesa del torneo, con soltanto 31 reti subite, e al terzo miglior attacco della Serie A, con 62 reti segnate. L’anno dopo, è semifinale di Coppa Uefa (fuori ai calci di rigore contro i Rangers Glascow) e approdo ai preliminari di Champions League (4° in campionato). Il calciomercato di Corvino è – per l’ennesima volta – illuminante: arrivano tutti insieme Felipe Melo, Stevan Jovetic, Alberto Gilardino, Juan Manuel Vargas, Gianluca Comotto e, in prestito, Marco Storari, Luciano Zauri e Sergio Bernardo Almirón. Non basta a garantire sogni internazionali (male l’esperienza in Champions, con eliminazione al primo turno della fase a gironi) ma è più che sufficiente per confermare il piazzamento in campionato appena sotto il podio. Il resto, è storia recentissima.
STAGIONE 2009/10. Si comincia con la dichiarazione “da mettere i brividi” di Corvino: “Budget stagionale di 0 Euro per la campagna acquisti”. I soldi occorre farli vendendo: il primo e unico pezzo grosso a lasciare Firenze è Felipe Melo, ceduto alla Juventus per 21 milioni più l’altra metà del cartellino di Marco Marchionni valutato 4 mln (per un totale di 25 mln). Seguono gli acquisti del difensore centrale Cesare Natali dal Torino, Cristiano Zanetti dalla Juventus, Lorenzo De Silvestri dalla Lazio, Savio Nsereko dal West Ham e José Ignacio Castillo a fare il vice Gilardino. Ancora, tra cessioni e fine prestiti abbandonano la Toscana Franco Semioli e Zdravko Kuzmanovic, Almiron, Zauri, Bonazzoli e Storari. Il mercato non convince i tifosi: la protesta del pubblico Viola sortisce un solo effetto. CdA straordinario convocato il 24 Settembre, Andrea Della Valle annuncia le sue dimissioni. Una Champions League da incorniciare, con tanto di passaggio del turno da prima del girone con doppia vittoria ai danni del Liverpool (al Franchi e al’Anfield Road) è il preludio alla volontà di utilizzare il mercato invernale per incrementare la qualità e la rosa della squadra. Progetti importanti che devono fare i conti con la mazzata alle porte: la doppia positività di Adrian Mutu. Il romeno che ha trovato casa e famiglia proprio in Toscana, con Firenze e i fiorentini a spalancargli, in un colpo, uscio e cuore.
DOPPIETTA MUTU. Tra tutte le doppiette, questa è senza dubbio la peggiore, per Mutu, a cui la vita (o la testa, fate voi) ha regalato un percorso individuale e professionale piuttosto travagliato (sospensione per uso di cocaina, accuse di adulterio, multa dalla FIFA di 17,17 milioni di euro per aver rotto il contratto con il Chelsea, dopo che è risultato positivo alla cocaina). Che non sia mai passato inosservato – per colpi di classe e bizze – pare evidente, ma l’uno due di cui si rende protagonista ha dell’incredibile e rischia di compromettergli in maniera seria il proseguo della carriera: Il 10 gennaio 2010, nei campioni prelevati dalla commissione antidoping del C.O.N.I. dopo la partita contro il Bari, viene riscontrata la presenza di metaboliti della sibutramina, uno stimolante che annulla gli effetti della fame. Sospeso subito in via cautelativa, in seguito viene trovato positivo alla stessa sostanza anche nelle analisi effettuate dopo la partita del 20 gennaio contro la Lazio in Coppa Italia, incontro in cui il rumeno realizzò una doppietta.
VIRTU’ E NECESSITA’. La volontà di intervenire sul mercato si trasforma in necessità di intervento: Corvino ci mette poco a massimizzare risorse e opportunità. Per motivi non meglio precisati (pare sia stata una scelta di vita del talento barese), salta all’ultimo il trasferimento in maglia Viola di Antonio Cassano; ci si consola con il giovane talento serbo Adem Ljajic dal Partizan Belgrado, il difensore centrale Felipe Dalbelo dall’Udinese, il nazionale argentino Mario Ariel Bolatti, in forza all’Huracan, la punta Keirrison prelevato dal Barcellona, lo svizzero Haris Seferović dal Grasshoppers. La filosofia è la stessa degli ultimi anni: giovani talenti da valorizzare e far esplodere. Ovvero, lasciare che Prandelli faccia il suo lavoro mettendolo nelle condizioni di agire come e dove più gli piace. E i giovani in rampa di lancio non potrebbero stare meglio in mani differenti. Per diventare a un tempo ottimi professionisti e uomini migliori. Capace di sfidare la sorte – quando si mette di traverso – a colpi di semplicità, competenza, serietà: armi che Cesare Prandelli ha saputo coltivare come uomo, diventando un Grande uomo; armi che Prandelli ha saputo innaffiare da allenatore, diventando un Grande allenatore. La squadra gli somiglia, gli si specchia dentro. Si riflette in campo ad immagine e somiglianza del proprio tecnico. E quando perde, riesce a rialzarsi: imparando dai propri errori, imparando dalle sue stesse sofferenze. La politica dei piccoli passi fiorentini ha pagato. Alla grande.
CAMPIONATO. Ridendo e scherzando, si è arrivati alla 23esima. La Fiorentina è a metà classifica ma la posizione cui obbliga la graduatoria non può non tener conto del fatto che la zona Champions sta lì a due passi: sette punti separano i Viola dal Napoli (quarto a quota 38), diventano dieci se il paragone lo si fa con la Roma (41). Sarebeb potuta andare meglio, vero, ma con tanto di qualificazione agli ottavi di Champions, qualche punto – Gila e compagni – lo hanno ceduto volentieri. La stagione 2009/10 dei gigliati inizia con un pareggio alla prima di campionato: 1-1 a Bologna, acuto di Mutu a riprendere lo svantaggio iniziale. L’esordio al Franchi equivale alla prima vittoria: ne fa le spese il Palermo, il match winner e Jovetic. Medesimo punteggio e stresso palcoscenico alla terza: vittima di giornata, il Cagliari; carnefice, Alberto Gilardino, primo gol d’anno. L’intoppo seguente – quarta di A – è pesante: 3-1 all’Olimpico contro una Roma versione Mr. Hyde grazie agli accorgimenti apportati dall’ex Ranieri; Gila segna ancora ma il suo gol fa solo statistica. Il rientro al Franchi porta ancora un successo: domata la Samp alla quinta, acuti di Jovetic e Gila (terza rete consecutiva). Settembre si chiude con la vittoriosa trasferta di Livorno (ancora Jovetic) mentre ottobre si apre con il pari a reti inviolate contro la Lazio (settima di campionato). Messi parzialmente a sedere gli acerrimi rivali (nell’ottava Juve-Fiorentina 1-1, rete di Vargas), arrivano due sconfitte consecutive: quella interna contro il Napoli e quella al Marassi contro il Genoa (i rossoblu ne fanno due, Marchionni solo uno). Archiviato ottobre, novembre inizia bene: 3-1 casalingo contro il Catania, Marchionni fa due reti e Gila chiude i conti. La dodicesima coincide con il giorno in cui si sbanca il Friuli: Vargas mette k.o. l’Udinese prima della consueta interruzione di marcia per altri due turni. Certi black out Viola, vien da dire, sembrano ciclici. Sconfitta interna contro il Parma (sebbene Gila ne insacchi due, i Ducali ne fanno tre) e passivo di misura contro l’Inter a San Siro (1-0). Alla quindicesima riprende la striscia positiva: domata l’Atalanta a Firenze (Vargas e Gila). Alla sedicesima si intoppa di nuovo: sconfitta di misura contro il Chievo, non basta la rete di Montolivo. Il maltempo non consente che si giochi l’ultima del 2009: gara contro il Milan rinviata per neve (in programma il 27 febbraio). Con l’epifania, appare la vera Fiorentina – o sparisce il Siena, se preferite: 5 gol ai malcapitati che non riescono a sfruttare il fattore campo. Kroldrup, Santana, doppio Gila e Mutu. Alla diciannovesima si procede sulla falsariga del turno prima, anche se il Bari è tutt’altra squadra: bravi, gli uomini di Prandelli, a ribaltare lo svantaggio grazie a Mutu e Castillo (che prima condanna i Galletti e poi – da lì a qualche giorno – ne andrà a rinforzare la rosa). Alla ventesima arriva la sconfitta più sorprendente di stagione: il Bologna si impone al Franchi per 2-1 nonostante una classifica e una formazione di tutt’altro spessore. Appannati, i Viola, nonostante la rete di Mutu. La regola del doppio tonfo consecutivo non si smentisce: a Palermo, è una caporetto Viola (sconfitta netta, 3-0 per i rosanero). Marchionni e Jovetic strappano il punto a Cagliari (22esima). Ora, la quarta di ritorno contro la Roma per vendicare la batosta dell’andata. Nello specifico, tuttavia, i numeri dicono che – anno 2009/10 – l’Artemio Franchi è tutt’altro che inespugnabile.
DENTRO I NUMERI. Su 21 gare totali (10 al Franchi), la Fiorentina se ne è aggiudicate 9 (6 le vittorie casalinghe), perdendone 8 (3 in casa) e chiudendone 4 con il segno X (di cui una al Franchi). 28 gol fatti (la metà in casa) a fronte di 24 subiti (un terzo tra le mura amiche). A prima vista, i viola sanno segnare tanto a Firenze quanto oltre confine mentre la porta difesa da Frey diventa una saracinesca solo all’Artemio Franchi, dove i gigliati hanno incassato la metà dei gol (8) rispetto a quelli presi in trasferta (16). Alberto Gilardino guida l’attacco fiorentino con nove reti all’attivo; seguono Jovetic, Marchionni e Mutu a 4. Difficile che il romeno possa andare oltre, tutt’altro che complesso l’ipotesi che possa farlo Jovetic. Intanto, Vargas e De Silvestri non l’hanno mandato a dire: contro i giallorossi, vogliono segnare entrambi.
FIORENTINA ANTI ROMA. Cesare Parndelli sente la gara in maniera particolare: la Roma, ha detto, arriva al momento giusto per testare le ambizioni della mia squadra. Di certo sarà una Fiorentina senza Mutu e Zanetti (indisponibile) e alla quale verrà meno anche l’appporto di Felipe, fermo per squalifica. Difficile esordio per Keirrison che si gioca la panchina con Ljajic. Facile prevedere il 4-2-3-1 con l’innesto difensivo di Kroldrup e quello mediano di Marchionni (panchina per Santana). In avanti, Gila e Jovetic con Vargas a rimorchio. Posticipo della 24° giornata di serie A: Fiorentina-Roma allo Stadio Artemio Franchi, domenica 7 febbraio ore 20.45.
FIORENTINA (4-2-3-1): 1 Frey, 29 De Silvestri, 5 Gamberini, 2 Kroldrup, 23 Pasqual, 18 Montolivo, 4 Donadel, 32 Marchionni, 8 Jovetic, 6 Vargas, 11 Gilardino (35 Avramov, 14 Natali, 25 Comotto, 19 Gobbi, 28 Bolatti, 24 Santana, 22 Ljajic). All.: Prandelli. Squalificati: Felipe. Diffidati: Gobbi, Kroldrup, Montolivo, Pasqual. Indisponibili: Mutu, Zanetti.
L’avversaria: Fiorentina e Firenze, con Gila e Prandelli verso il Centenario (2026)
di 7 Febbraio 2010Commenta