Lentamente, sulle note di una bossa nova in stile Carlos Jobim, scorre via e si dissolve nel nulla l’avventura a Roma di Marangon Alexander Doni. Quando è arrivato nella capitale, secondo portiere straniero della storia della Roma a vestire la maglia giallorossa (prima di lui solo Konsel), con quel viso pallido da bravo ragazzo erano in pochi a credere in lui; un terzo portiere come tanti e poi… il campo ha dato le sue risposte. Coppa Uefa, 29 settembre 2005, l’avversaria non è di quelle temibili, il modesto Aris Salonicco, finisce 0 – 0 ma la prestazione del brasiliano convince tutti e soprattutto Luciano Spalletti. Subito dopo arriva a sorpresa la convocazione per una partita che in realtà non è una semplice “partita”: il Derby. Le vene ed i polsi non tremano al brasiliano che per venire a Roma pagò di tasca sua i 18.000 euro di clausola rescissora del contratto con la Juventude. Il debutto in Serie A è un successo, promosso a pieni voti, la maglia da titolare è sua spodestando il giovane portiere romano e romanista Gianluca Curci. Da quel giorno l’escalation ai vertici del calcio italiano e mondiale prende le forme di una “cavalcata” inarrestabile: la convocazione in nazionale (pochi anni prima, ai tempi della Juventude era sfumata a causa di una brutta rissa durante un match di campionato), il secondo posto in campionato e la Coppa Italia con la Roma (stagione 2006-2007) , la Coppa America col Brasile, la Supercoppa Italia ancora con la Roma al Meazza. Momenti indimenticabili e poi… ecco lo “strappo” o per meglio dire l’infortunio al ginocchio che per tutto il 2009 lo tiene lontano dai riflettori dell’Olimpico. “Tutti importanti e nessuno indispensabile” potrebbe dire qualcuno e probabilmente anche a ragione perchè l’assenza forzata di Doni spalanca le “porte” della “porta” guarda caso a un altro brasiliano arrivato anche lui a Trigoria quasi per caso, in punta di piedi, Julio Sergio. I postumi dell’infortunio sembrano essere eterni, la fiducia cala, e il collega di reparto sembra sempre più inamovibile, Doni entra in un tunnel senza fine; mister Ranieri ci prova, lo schiera da titolare in qualche occasione ma lui non convince e alla fine dopo un Panathinaikos – Roma (3 – 2) ecco la resa, i fischi, iniziano a udirsi le prime frasi ingrate sul genere di “Doni vattene”, brutto spettacolo, davvero. Forse ora la canzone è cambiata, sarebbero più indicati i Doors, The end, sono mesi di agonia questi per Doni, a Roma, nella Roma che tutto gli aveva dato, “sirene” inglesi per lui si vocifera a Trigoria. Qualcuno parlando del fatto ha commentato amaramente: “è il calcio, speriamo che il campo gli restituisca fiducia”, lo spera lui, lo sperano i tifosi, lo spera la Roma. Nel frattempo il buon Marangon Doni parte per l’avventura sudafricana con il suo Brasile, Dunga, il “cucciolo” ancora crede in lui, e allora rimane poco da dire, il campo darà la migliore delle risposte.
Doni e lo “strappo” incompreso
di 2 Giugno 2010Commenta