John Arne Riise è il volto del disagio. Il norvegese stakanovista in quota alla Roma, che quest’anno non si è permesso neppure il lusso di saltare le sfide sulla carta più abbordabili, conosceva lo sport per come lo ha vissuto una vita intera. Lealtà, sacrificio, sudore e fatica. Come lo vedi in campo. Chi ha avuto modo di incrociarlo appena in questi due giorni racconta di un Riise francamente disgustato per ciò che s’è trovato costretto a vedere. Scuro in volto, perplesso, l’espressione di chi – certe cose – non le comprende con tanta facilità. Perchè non fanno parte del bagaglio. Mica jeans e maglietta, spazzolino e scarpe. Tutt’altro: il bagaglio, quello che ti porti dentro. Custodito per sempre. Come vendersio l’anima – a lui – non gliel’hanno mai insegnato. Il vichingo di Alesund, discendente di esploratori e guerrieri, è in assonanza con valori che richiamano la fierezza, la saggezza, la rigida etica di lavoro, la serietà compositiva. Ecco, mettetelo uno così in mezzo a manfrine senza capo nè coda. Prende, si alza, se ne va. Del resto, di nome fa Riise. Mica Baronio.
Il disgusto di John Arne Riise
di 4 Maggio 2010Commenta