Damiano: “Ho conosciuto Ranieri in clandestinità; ecco cosa penso di Menez”

di Redazione 1


 Christian Damiano, allenatore in seconda della Roma, interviene ai microfoni di Roma Channel e affronta a 360 gradi la situazione della squadra dopo una bella fetta di stagione archiviata. Motivazioni, obiettivi analisi tattiche e qualche parola su Jeremy Menez rilasciata con grande sincerità. Eccone il sunto:
RINASCITA ROMA. “Già ai tempi di Parma la coppia Ranieri-Damiano si è a mio parere distinta. I ragazzi erano ultimi, abbiamo fatto una corsa da Champions League e siamo arrivati a un punto dall’Uefa. Approdatio alla Juve, nessuno se lo aspettava ma siamo arrivati terzi qualificandoci per l’Europa che conta. Lo scorso anno secondi, ancora in Champions, con il rilancio difensivo di Legrottaglie, Molinaro e Chiellini. A Roma siamo arrivati in una squadra che era partita male ma faceva bene dal punto di vista del gioco, tra le migliori d’Europa. Aveva un capitale fantastico. Ci sono tanti campioni, campioni del mondo. Su tuttti, Totti: è fondamentale. Si sono messi a disposizione, sono cresciuti in maniera notevole. Questa rosa ha fatto quattro anni fantastici. Abbiamo lavorato in modo semplice, aiutandoli a ritrovare fiducia”.
LA DIFESA. “I meccanismi difensivi li abbiamo studiati e cercato di modificarli. Abbiamo lavorato molto sulla retroguardia anche perchè all’inizio prendevamo un gol a partita. Ogni tiro un gol. Poi per non so quante partite non ne abbiamo presi. Piano piano i risultati sono arrivati. Cosa abbiamo portato in più lo devono dire i ragazzi, non so cosa facevano prima ma li abbiamo trovati alla grande. Abbiamo introdotto esercizi tecnici. Poi media potenza. Ma la tecnica è il modo per risolvere soluzioni di gioco. Sembra scuola calcio, facciamo venti, venticinque minuti di tecnica al giorno. Dobbiamo imparare a gestire alla perfezione il pallone. Dobbiamo lavorare per migliorare la velocità tecnica. Poi, certo, tutto ciò è legato al fisico. Con Capanna facciamo due blocchi a settimana di fisico a vuoto”.
TOTTI. “Prima del calciatore è un ragazzo fantastico. È un privilegio allenare un campione come lui”.


IO E RANIERI. “Ero al Fulham, lui al Chelsea. Prese un giocatore che avevo io, Fountaine. Gli ha chiesto chi fosse stato il suo tecnico. Ci siamo incontrati clandestinamente, perché eravamo lo staff di due squadre rivali. Poi io sono andato al Liverpool. Lui mi aveva chiamato al Chelsea ma poi arrivò Mourinho. Quando si è fermato mi ha detto che voleva ricominciare con un nuovo staff chiedendomi di stare con lui. Ho detto di sì. Abbiamo aspettato ma non arrivava nulla. Io ho avuto richieste ma ho rifiutato. Ho visitato molte società: Barcellona, Manchester, l’Italia nel 2006 a Coverciano. Poi è arrivato il Parma, abbiamo iniziato da lì. Poi la Juve e siamo arrivati qui. E’stato difficile, ma abbiamo vissuto situazioni che ci aiutano ad andare avanti”.
MISTER RANIERI. “Non fa differenze, mette tutti sullo stesso piano. Se fai giocare sempre i migliori anche quando non giocano bene non va. Ha sempre detto che dal punto di vista del gioco vuole la performance massima”.
RIVINCITE. “La soddisfazione di vincere a Torino, dopo essere stati mandati via c’è stata, ma dal momento in cui è stata fatta questa scelta eravamo tranquilli per aver fatto professionalmente il massimo. Siamo dipendenti e aspettiamo le decisioni dei dirigenti. Il calo-Juve? Per gestire certe situazioni serve grande esperienza. Il calcio italiano è molto duro. Qui anche l’ultima in classifica è un’ottima squadra. In Italia tutti quelli che lavorano nelle squadre sono grandi esperti e sanno tenerti in difficoltà fino alla fine. Il calcio italiano ha queste difficoltà. Una squadra spalle al muro sa rialzarsi e reagire in un minuto”.
RIISE. “E’ cresciuto tantissimo nell’ultimo periodo come tutta la squadra che è cresciuta. John ha imparato a fare la diagonale, è presente nel recupero e l’atteggiamento di squadra gli permette di ripartire. Poi ha una potenzialità offensiva che gli danno un più molto importante per la squadra. Tira da vicino e da lontano”.
MENEZ. “I francesi, prima di venire in Italia, devono aver fatto duecento gare in Francia e avere una presenza stabile in Nazionale. Come per Djorkaeff, Candela, Zidane, Deschamps. Per Menez non è stato così. Mexes è entrato dopo oltre 200 gare e piano piano si è preso un posto. Gourcuff ha fatto come Menez. Ha fallito, poi è tornato in Francia ed è esploso. Magari tra un anno sarà pronto. Tanti altri non sono riusciti, da Henry a Silvestre. Ho parlato tanto con Zidane, Deschamps. Ai miei talenti nelle nazionali giovanili ho sempre detto di non aver fretta di andare via. Menez ancora non è pronto per questa esperienza. Ha bisogno di maturare, siamo molto vicini, abbiamo dato fiducia e molta pazienza. Bisogna fargli capire con chi si allena: grandi campioni da cui imparare. Deve essere più generoso, determinato, dare di più. Passerà per un altro periodo qui, o un prestito. Per un giovane non è facile diventare un campione. Ci vuole tempo. Poi dipende da chi lo gestisce. Noi siamo uomini di campo. Facciamo un lavoro di valori morali. Intorno ai giocatori c’è tanta gente che pensa al business, alla carriera.  A volte siamo di fronte a situazioni che non possiamo gestire”.
CAMPIONATO. “Non voglio deludere nessuno, ma pensiamo alla classifica partita per partita. Sappiamo da dove siamo partiti, abbiamo una grande attenzione in tutte le competizioni, ma è difficile dire dove saremo il 15 maggio”.
ROMA-PANATHINAIKOS. “All’andata abbiamo giocato un calcio statico, non siamo entrati al cento per cento in questa partita. Vincere un trofeo sarebbe importante. Lasciare una traccia”.


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