D’Alessandro: “Roma? Un sogno. Devo giocare e migliorare”

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 Dal Romanista

Piccoli romanisti crescono. Per Marco D’Alessandro, uno dei migliori talenti cresciuti negli ultimi anni nel settore giovanile giallorosso, quello che sta vivendo è un periodo da incorniciare. Punto fermo della Nazionale Under 19, che domenica scorsa ha ottenuto la qualificazione alle fasi finali del Campionato Europeo in programma a luglio prossimo in Francia, Marco sa di aver superato a pieni voti l’esame di maturità rappresentato dal salto dal campionato Primavera a quello di serie B. La stagione in prestito al Grosseto è stata in crescendo, il giovane attaccante romanista ha saputo ritagliarsi uno spazio sempre più consistente, anche grazie alla stima di un tecnico che gli ha sempre dimostrato grande considerazione. Tanto che, secondo alcune voci di mercato, a lui si starebbe interessando anche il Parma. Che D’Alessandro avesse tutte le carte in regola per sfondare, d’altra parte, era sotto  gli occhi di tutti già da diverso tempo, nonostante i più scettici continuassero a rimproverargli il fisico troppo esile o l’eccessivo insistere nella ricerca della giocata d’alta scuola. Marco li ha lasciati parlare e un anno dopo la sua ultima apparizione in Primavera (Roma-Udinese, ritorno degli ottavi di finale) può parlare con soddisfazione, ma anche con una maturità non comune, dei progressi fatti in questo primo anno lontano da Roma. Lo fa con voce sensibilmente arrochita, di cui per prima cosa chiede scusa. Effetti collaterali della vittoria contro l’Irlanda del Nord che ha consegnato all’Italia il biglietto per Parigi.
Come stai, Marco? A parte la voce, sto benissimo. Devo dire che qui in Nazionale va tutto alla grande. L’ambiente è uno dei migliori che abbia conosciuto, ci fanno stare proprio bene. Poi sono arrivati questi risultati, la qualificazione… C’è grande entusiasmo.
Siete agli Europei. Contenti? Siamo felicissimi. L’altra sera abbiamo festeggiato la vittoria tutti insieme in un pub e abbiamo cantato. È per quello che sto senza voce (ride, ndr). Mosca è una bella città, anche se si mangia un po’ così e così. Ma forse è solo perché in Italia siamo abituati troppo bene. Oggi (lunedì, ndr), siamo andati a fare un giro in centro e devo dire che mi è piaciuta moltissimo. In città si sta bene e ci hanno accolti con grande ospitalità. Non ero mai stato in Russia, è una bellissima esperienza.
Questa è stata la tua prima stagione “da grande”. Com’è andata? All’inizio ci ho pensato molto prima di lasciare la Primavera. Non sapevo se rimanere un altro anno o meno. Poi però ho valutato con attenzione e ho pensato che il Grosseto poteva offrirmi una buona opportunità per mettermi in mostra. Oggi posso dire che con un pizzico di fortuna e soprattutto con il massimo impegno da parte mia sono riuscito a raggiungere un buon traguardo. Un gol l’ho segnato, ho messo insieme circa 28/29 presenze (28 in campionato e una in Coppa Italia, ndr), che sono un ottimo risultato. Non sono molti i ’91 che sono riusciti a fare altrettanto al loro primo anno dopo la Primavera. Sono contento di quanto fatto fin qui e spero di continuare a crescere.
Rispetto alle aspettative, qual è il tuo bilancio? Sono molto soddisfatto. È sempre difficile uscire dalla realtà della Primavera e calarsi in quella del calcio professionistico. Ci sono tan tanti ragazzi che magari si fanno un nome a livello giovanile, però poi quando fai il salto ti rendi conto che devi ricominciare da zero, ti devi far vedere e non è per niente facile. Io ho avuto la fortuna di incontrare un allenatore che ha avuto la pazienza di aiutarmi a migliorare gli aspetti in cui facevo più fatica e piano piano mi ha inserito nel gruppo dei grandi. Ripeto, sono stato fortunato. Non pensavo di fare una stagione così, ma sono felice di avercela fatta. Con te a Grosseto c’era anche un altro romanista, Alessandro Crescenzi. Già. Inizialmente non pensavamo che saremmo capitati insieme, poi però il direttore sportivo del Grosseto ha fatto sapere che la società era interessata a tutti e due e così eccoci qua. Mi ha fatto piacere continuare a giocare insieme, anche se lui è stato un po’ più sfortunato di me perché ha trovato poco spazio. Io però sono sicuro che uscirà fuori e saprà dimostrare a tutti quanto vale. È un grande giocatore.
La Nazionale va forte, il che significa che siete bravi. Secondo te perché in Italia i giovani faticano così tanto a trovare spazio? È vero, in Italia è difficile. C’è un problema di mentalità che all’estero sembra molto diversa. Qui da noi sono pochi gli allenatori che danno fiducia a un giovane, e quando lo fanno, se lui fa fatica, lo mettono subito da parte. Però la stessa cosa non succede con un giocatore più esperto. Per questo credo che sia difficile. Non basta far giocare un ragazzo una volta, si dovrebbe avere la pazienza di insistere anche se sbaglia una partita, cosa che può succedere. All’estero, invece, ai giovani si dà piena fiducia. Noi abbiamo uno dei vivai più grandi a livello internazionale, eppure trovare spazio nei club non è facile.
Si dice sempre che fra la Primavera e la serie B ci sia un abisso. Tu quali difficoltà hai incontrato? Credo che sia fondamentale l’umiltà. In Primavera magari ci sono tanti ragazzi di qualità, ma per arrivare ci vuole la testa, la capacità di sapersi adattare e un profondissimo impegno. Tecnicamente, ognuno sa il fatto suo, ma non è tanto quello il punto. Personalmente credo di essere cresciuto da tutti i punti di vista. Mi sento migliorato sotto l’aspetto calcistico, ma anche mentale e comportamentale. Il campionato di serie B ti segna, ti forma tantissimo.
A giugno scadrà il prestito al Grosseto. Le tue prospettive quali sono? Il sogno naturalmente è la Roma, ma le prospettive sono altre. Il mio obiettivo è quello di crescere ancora. Oggi non sono pronto per una squadra come la Roma, che è una piazza importante e gioca ad altissimi livelli. Io ho bisogno di giocare, di migliorarmi. Per giocare nella Roma a diciannove anni, o sei Totti o sei De Rossi. Altrimenti non vai da nessuna parte. Per questo dico che io devo pensare a non fermarmi e crescere sempre di più e poi, chissà, magari un giorno potrò tornare. Certo, la Roma sarebbe il top.
 


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