E’ la tesi de Il Tempo, secondo cui la crisi che sta vivendo la Roma, e per la quale Claudio Ranieri rischia di fare da parafulmine, trae origine dalla pressochè inesistente campagna acquisti portata avanti dalla società. La marcia trionfale dello scorso anno, in tal senso, è stata solo negativa: perchè in più di uno hanno sopravvalutato la rosa. Testuale:
Affermava un filosofo inglese datato: «Per l’ottimista, questo è il migliore dei mondi possibili. Il pessimista teme che sia vero». Un’aforisma facilmente adattabile all’attuale situazione della sponda del Tevere avvilita e umiliata dal terrificante inizio di stagione, la Capitale esalta giustamente la sponda opposta, quella che presidia la vetta della classifica, primato frutto di politica societaria ispirata e di scelte tecniche felici.
Ha origini più lontane dei disastri di mercato dell’estate, la crisi che ha piombato nello sconforto il popolo romanista: e che naturalmente offre la soluzione più elementare, il benservito a un allenatore per il quale pochi mesi fa era invocato il contratto a vita. Ma nessuno riesce a proporre un’alternativa accettabile, ridicoli gli accenni a Lippi, sgradito perfino alla mamma, o a Ballardini che in questa città ha interpretato soltanto un clamoroso fallimento, niente a che vedere con il salto di panchina di uno Zeman che presentava un retroterra di alto livello. Confermo la mia impressione: scontento e poco convinto, Claudio Ranieri avrebbe forse dovuto dire addio prima di intraprendere la seconda avventura. Forse anche il tecnico è caduto nell’errore più diffuso in seno alla parte giallorossa della città: la supervalutazione dell’ultima stagione, conclusa al secondo posto con un pesantissimo supporto della fortuna, ben più rilevante sarebbe stato, in circostanze normali, il distacco dall’Inter. La conclamata miseria delle casse sociali non basta a giustiticare operazioni di mercato molto superficiali, per non usare termini più drastici. Voglio ricordare che negli ultimi anni la società non ha portato a casa un solo giovane che fosse una reale scommessa, Menez aveva già un’alta quotazione. Sono stati spesi venti milioni per due scarti del Real Madrid, Cicinho e Julio Baptista, per bilanciare il passivo si è dovuto infine lasciar partire Alberto Aquilani, che rischia di diventare un simbolo juventino. Quasi impossibile, insomma, lanciare ai romanisti un messaggio di speranza, insistere sul fatto che siamo appena alla sesta giornata, che le rimonte sono sempre possibili. L’obiettivo qualificazione per la Champions, forse il più ambizioso già al via del campionato, resta veramente arduo, una volta preso atto dell’occupazione di tre dei quattro posti da parte di Inter, Milan e Juventus, poi logicamente la stessa Lazio. Realtà amara: ma realtà.