Da Il Tempo:
Ranieri non dimentica. Sa bene, come tutti i romanisti, cosa significa perdere uno scudetto per colpa di una «piccola». È già successo. Troppe volte. A un romanista basta dire la parola «Lecce» e non c’è bisogno di aggiungere altro. Domenica all’Olimpico arriva l’Atalanta in versione ultima spiaggia e una lezione di storia ai giocatori può aiutare il tecnico, impegnato in queste ore a tenere alta la concentrazione del gruppo.
Un filo conduttore unisce tutti gli scudetti della Roma svaniti negli ultimi venticinque anni: una battuta d’arresto contro un avversario alla portata, sempre nel bel mezzo di una splendida rimonta. Bella e intensa come quella che la banda di Ranieri sta vivendo nel presente. Tutto è iniziato quel maledetto 20 aprile 1986, giallorossi appaiati in testa al campionato alla Juventus con 41 punti a testa dopo un recupero fenomenale, per la penultima giornata all’Olimpico si presenta un Lecce già condannato alla serie B, ultimo in classifica con soli 15 punti. Ciccio Graziani illude Eriksson, poi il disastro: una doppietta di Barbas e Pasculli stendono la Roma in uno stadio attonito. Finirà 2-3 e lo scudetto se lo cucì sul petto la Juventus di Trapattoni. Se il Lecce è la Beffa, il Venezia sedici anni dopo fa altrettanto male a ripensarci. I giallorossi di Capello, reduci dal terzo tricolore, devono al 2-2 contro i lagunari il mancato bis.
Il Venezia, ultimo in classifica, il 7 aprile 2002 mise sotto di due gol una Roma lanciata all’inseguimento dell’Inter e tornata a casa con un punto soltanto grazie a due rigori concessi da Collina e segnati da Montella. Pure quel campionato alla fine lo vinse la Juve nell’altrettanto famoso 5 maggio, il giorno della Beffa interista.