Dal Romanista:
Quelli che stavano a Verona, e che hanno applaudito la squadra per tre – contati – minuti di fila, non lo sapevano che nell’ultimo quarto d’ora Sky avrebbe inquadrato praticamente solo loro, perché tanto lo spettacolo era sugli spalti, mica in campo. Per questo, Francesco Totti, durante una punizione a centrocampo, guardava lo stadio giallorosso. Che, in quel momento, cantava “Roma, Roma, Roma”. La partita, per lui, era finita da un pezzo. Insieme a tutto il resto. I ventimila – meravigliosi – tifosi della Roma al Bentegodi non sapevano neppure che al Franchi di Siena Aleandro Rosi da Via delle Sette Chiese, cuore della Garbatella, stava facendo vedere a Maicon quello che dovrebbe fare un terzino di spinta, o che Curci «ha fatto più parate oggi che in tutta la carriera con la Roma». Sapevano solo che l’Inter avrebbe segnato, era solo questione di tempo, per cui il gollettodi Milito non ha rovinato nessuna festa. Ma, comunque, “noi non ti lasceremo mai”. “Che sarà sarà, amo solo la mia Roma, lo sai perché…” Erano partiti con tutti i mezzi possibili all’alba: «E chi poteva manca’», racconta Valentina. A pochi chilometri da lei Marco: «Una giornata e una partita da romanista veri: 94 minuti d’orgoglio». L’intervallo da Campioni d’Italia è stato una crudeltà, neppure inedita, era già capitato quando ancora Ibrahimovic era considerato un campione e alzandosi dalla panchina decise che era arrivato il momento di dire basta. «Come oggi: io in tribuna – aggiunge l’amico Luca, prossimo sposo – avevo già chiesto la barella». C’era la pioggia, due anni fa a Parma. Al Bentegodi c’era il sole. A Siena, dicono, sembrasse più pallido, come una festa sbagliata, un altro mattone nel muro della bacheca dell’Inter, e che ne sanno loro che ogni scudetto può essere unico e diverso da tutti gli altri? Non lo sapranno mai.