Dal Romanista:
«Quando l’ho avuto io, è stato un ragazzo esemplare». Niente vita notturna, niente stravizi, l’Adriano che Ottavio Bianchi ha conosciuto nel 2002, nei mesi in cui entrambi erano alla Fiorentina, era il giocatore perfetto. O almeno lui lo descrive così.
Mister, si parla di un ritorno in Italia di Adriano, lei che ricordo ne ha?«Era ancora un ragazzo, era esuberante e aveva una forza fisica fuori dal comune. Era in grado di fare dei gol incredibili e di sbagliarne di semplici. Ma da allora è migliorato molto tecnicamente».
E fuori dal campo come era? «Un bravo ragazzo, un tipo semplice, uno che aveva solo voglia di giocare. E’ un brasiliano e, come capita spesso ai brasiliani, ha degli alti e dei bassi. A parte Aldair che faceva eccezione ed era sempre perfetto. Ma in generale loro hanno un carattere particolare, hanno bisogno di sentire l’entusiasmo, hanno bisogno di sorridere».
Negli ultimi anni Adriano aveva perso il sorriso? «Difficile da dire, bisognerebbe andare a trovare la sua chiave psicologica. Quando era con me non faceva problemi, stava sul campo a tirare le punizioni e i rigori e stava bene».
Lei ha avuto a che fare con un tipo difficile come Maradona, come si fa a recuperare Adriano al massimo livello? «Per carità, non sono io a poterlo dire. Gli anni passano, la vita cambia di anno in anno. Lui era un ragazzino e adesso è un uomo. Bisogna vedere persona per persona, ora per ora. E non mi piace sentire chi dice che servono il bastone e la carota o un sergente di ferro. Figuriamoci, non si è sergenti neanche coi propri figli…».
Torniamo al campo. Come è meglio far giocare Adriano? «Ah, ah… Come? Basta farlo giocare. Se sta bene, è una forza della natura. Se segna un gol qualcuno le potrebbe dire che è stato uno schema provato in allenamento, e invece è tutto merito della sua classe».
Un suggerimento su come va servito? «Mah, vede, uno come Di Natale ha bisogno di essere innescato in un modo, uno come Toni in un altro… Adriano può fare tutto, perché non è solo forte fisicamente».
Uno sopra la media? «Quando era con me, era tutto in embrione. Ma si vedeva che aveva delle qualità incredibili. Rispetto a tanti anni fa la storia è cambiata, ormai in molti se vedono uno che sa stoppare la palla decentemente si accontentano. Per cui quando a un allenatore capita di vedere un giocatore che ha delle doti superiori, fa piacere. E Adriano le aveva eccome».