Carlo Ancelotti ha rilasciato un’intervista a Il Messaggero:
In quattro mesi e mezzo, il rilancio dei giallorossi: se li aspettava, anche in considerazione della loro falsa partenza, due punti avanti ai bianconeri dopo venti partite?
«No. Ma è un campionato strano. Il Milan, la Roma e il Napoli hanno iniziato male, ma si sono riprese alla grande. Mentre la Juve e la Samp, ultimamente, sono in flessione, ridimensionate rispetto alla prima fase del torneo. Di sicuro quello giallorosso è stato un grande recupero. Un po’ mi sorprende il calo della squadra bianconera, anche se penso che dipenda esclusivamente dagli infortuni e dal ritardo dei nuovi a inserirsi, mi riferisco a Melo e Diego».
La Roma si presenta a Torino da terza. Quale ruolo avrà nella sfida di sabato e in assoluto sino alla fine del campionato?
«Oggi sta meglio delle rivali da zona Champions. E’ la terza forza, dietro le milanesi. La classifica è inequivocabile. L’organico giallorosso, con Toni e con tutti a disposizione di Ranieri, è da Champions. Anche subito, senza aspettare l’anno prossimo… Terzo o secondo posto fa lo stesso, ma il podio è fondamentale: se continua così, non avrà problemi».
Ferrara, invece, è in bilico ormai da qualche settimana. Pensa che sia diventato troppo presto allenatore della Juve, senza fare la necessaria gavetta?
«Non credo. Può guidare la Juve, anche se in precedenza non aveva ancora mai allenato a certi livelli. E’ stato assistente di Lippi, cosa non da poco. Ha l’esperienza che serve per il club bianconero. Può andare avanti, mantenendo però i nervi saldi. Ovviamente deve sempre appoggiarlo la società».
Anche per lei la Juve fu la prima avventura alla guida di un grande club. E non andò bene. Crede che nel suo caso abbia pesato più l’aspetto ambientale che quello strettamente tecnico?
«Un momento, io arrivavo dal Parma che all’epoca era una grande, con calciatori di primo piano. Insomma l’approccio fu diverso, anche perché presi un gruppo già collaudato, senza i cambiamenti in organico che ha vissuto Ferrara. Io arrivai per due volte secondo e se alla Juve non vinci… Ma feci in due campionati più punti di tutti. Comunque è vero: non pesarono i risultati, quanto l’ambiente ostile».
Ranieri, cacciato dalla Juve nella primavera scorsa, oggi è il grande rimpianto dei vertici bianconeri. E, scherzo del destino, può decidere l’esonero di Ferrara. Quando lei passò al Milan e cominciò a vincere in rossonero, ammisero di aver sbagliato a mandarla via?
«Non mi risulta. Ci sta di cambiare un tecnico e di vederlo funzionare in un altro club. Non c’è da rimpiangere nessuno. Il punto, restando alla Juve, è uno: la volevano competitiva in questa stagione. Non lo è. E’ uscita presto dalla Champions, è già lontana dall’Inter. Torniamo sempre ai risultati».
Sintetizzando: la differenza tra la Roma e la Juve è quella che c’è tra Toni e Paolucci, acquisti di gennaio?
«Io so solo che Toni può fare una grande differenza nei prossimi mesi. Incide tantissimo. Ha le motivazioni giuste che si sposano alla grande con una piazza che io conosco molto bene».
Da tecnico, può motivare il rilancio della Roma in classifica?
«E’ tutto nel cambio in panchina. La società, chiamando un nuovo tecnico, ha responsabilizzato maggiormente i giocatori. E Ranieri è stata una scelta azzeccata. Nella gestione della squadra è proprio bravo. Sa motivare il gruppo, dal quale psicologicamente ottiene sempre il massimo. E ha una chiara strategia di gioco».
Non sarebbe più facile dire: il ciclo Spalletti era concluso, la Roma doveva per forza cambiare allenatore e forse ha aspettato troppo?
«Diciamolo. Perché è proprio così. Si chiamano cicli proprio perché hanno un inizio e una fine. E’ importante capire quando si esauriscono. Credo che Spalletti difficilmente sarebbe riuscito a ripetersi a Roma. E non solo per il risultati. Per la qualità di gioco offerta anche in Europa. La Roma, avendo tanta fiducia in Luciano, ha rinviato l’avvicendamento. Posso capire i dirigenti giallorossi».
Conosce Ranieri: in che cosa le ricorda il suo maestro Sacchi?
«Basta tornare all’anno scorso, quando da allenatore del Milan ho affrontato la sua Juve. Era difficile attaccarla. La sua squadra è sempre corta, compatta e ordinata. Non ti lascia spazi tra le linee. Quest’organizzazione è il suo primo pregio da tecnico. Lui, come me, scegliendo la difesa a quattro, seguendo proprio quelle che furono le idee di Sacchi. E il gran cambiamento della Roma, rispetto al passato, è lì dietro. Lo dicono i risultati, i gol presi. In più c’è Juan, di nuovo con un rendimento straordinario».
C’è grande attesa per la coppia Totti-Toni. L’unico limite non potrebbe essere l’età di entrambi?
«E perché? I giocatori ormai hanno una carriera più lunga. e, per esperienza diretta, ho vinto la mia ultima Champions tre anni fa con in campo un trentanovenne, Paolo Maldini. Il più bravo di tutti anche quella sera ad Atene».
Andranno in Sudafrica?
«Non lo so. Per la qualità dei due, possono tranquillamente partecipare al mondiale. Dipende da Lippi».