Un 8 giugno che quasi imbarazza e mette soggezione.
Accodarsi a Dione Cassio, emulare Marguerite Yourcenar e raccontare di Adriano. L’Imperatore.
E’ così, Roma: centro nevralgico di un universo concatenato nel day-by-day e nel quale neppure il calcio – quello con gli assist e i numeri dietro la maglia – può prescindere dalla Storia.
Inghiotte, la Capitale. Non digerisce nulla, semplicemente immagazzina: le emozioni, e allora il cuore diventa grosso così. Gli eventi, tant’è che lo stomaco è un pozzo senza fondo.
Brasile, Favela Vila Cruzeiro: tratta Rio de Janeiro-Roma, sosta intermedia a Milano. Il 7 giugno 2010 spalanca i portoni capitolini a una colonia carioca sempre più tinta di giallorosso.
La carta di identità? Chissenefrega. Più facile diventarci – romani de Roma, Imperatori – che nascerci per davvero. Adriano Leite Ribeiro sbarca a Fiumicino nell’anonimato di una sera in cui solo qualche rondine particolarmente perspicace d’orecchie e veloce d’ali (piazza Duomo-Monte Mario senza nessuna sosta in autogrill) sapeva in realtà dove collocarsi – albero prospiciente all’Hilton hotel – per scrutare i primi passi lupacchiotti dell’Imperatore. Coincidenze. Neppure Publio Elio Traiano Adriano nacque a Roma. Italica era una città spagnola ubicata dove ora si adagia Siviglia. Divenne il primo insediamento di romani nella penisola iberica. Perse i genitori a 12 anni, nell’88 dopo Cristo. Gli eventi presero un corso differente, Traiano (predecessore alla guida dell’impero) ne assunse la tutela. Coincidenze. L’Imperatore rimane senza padre nel 2004: Almir, 44 anni, viene trovato senza vita nella sua casa di Rio. Forse un infarto. La carriera di Adriano svolta: Moratti cerca di fare come Traiano. Invano. Tempi, flussi, anni come secoli.
Il grande giorno. Suona un clacson, musica a palla dall’autoradio.
Le pulsioni di un organo che batte. Tu-tum.
Ma com’è? E’ l’anno 117. Traiano morente. Plotina è ambigua, stamattina. Adriano? L’hanno fatto Imperatore per acclamazione dell’esercito. L’ha detto il prefetto del pretorio Attiano. Lo stanno ripetendo a Sky Sport. Notizia d’agenzia: oh, Adriano ha firmato. Tre anni, 5 milioni di euro lordi a stagione. 8 giugno 2010, qualche minuto dopo le 20. Il senato prende atto: arriva un messaggio dal neo eletto, dice che s’è allineato alla volontà dei militi. Passa un tifoso, è venuto apposta a sincerarsi delle condizioni fisiche: “Ao’, a me me pare ‘na porchetta”. “Ma de che? forte e pacifico, impulsivo e saggio”. Vuoi che tre ore di visite mediche al Gemelli – orologio alla mano: 8.47, 11.50 – non siano sufficienti? Saranno mica servite a niente tutte le cariche accumulate nel cursus honorum. Il telefono. “7.30, colazione tra 10 minuti”. Era Vibia Sabina, da oggi Augusta dell’Impero. Ma non s’erano lasciati con l’attrice? Seee, nel 2010? Ne lasci una, ne pigli un’altra. Guardali: fotografi a volontà, l’Imperatore ha una t-shirt nera, blue jeans alla moda. L’hanno immortalato, sta al Museo delle Terme. Certo che ‘sto tocco de barba… In mezzo a un tripudio di battimani. Che c’ha quello, ‘n’ascia colorata? Macchè, è una sciarpa giallorossa.
Le speranze di un cervello che lavora. Anche i sogni, certe volte, fanno tu-tum.
“Eccola, l’iniziazione”. Di fianco gli sta Mitra. Sembra Tempestilli. Un quarto a mezzogiorno. Tutto a posto, analisi ok. “Lo dicevo io; mica li fai fuori così, i Daci”. L’Imperatore, gli spetta. Ormai ha quarant’anni. Ma chi? Adriano! Sei sicuro? Non è del 1982? Allora so’ 104. De che? I chili. “Oh, dicono pure che è colto. Fine intellettuale, amante delle arti figurative, della poesia e della letteratura”. E’ corto. “Ma che stai a dì, so’ quasi du’ metri de cristiano”. Adriano? “Ma che, s’è convertito?” Chi? “L’Imperatore!”.
No, ‘mo sta a Villa Pacelli: con Marco Staffoli, Rosella Sensi, Gian Paolo Montali, Daniele Pradè. Ma che ore so’? Mezz’ora alle 17. E Terenzio Scauro quann’arriva? Sta con Adriano, seduto dietro. Pare Gilmar Rinaldi. Passa un’ora. E’ fatta. “Ma sei sicuro?” Se po’ dì. Ovazioni. “Oh, che c’ha quello. ‘N pugnale?”. “Macchè, è ‘na trombetta”.
Oltre ai sogni e alle passioni. Anche l’attesa – certe volte – fa tu-tum.
Poche frasi, c’è dentro tutto.
“Humanitas, Felicitas, Libertas”. L’Imperatore. Adriano. “Sono felice di essere qui a Roma e di giocare con la maglia giallorossa. Spero vada tutto bene, sono convinto che faremo una grande stagione. La città mi ha accolto benissimo. Non mi piace promettere tante cose, ma so cosa devo fare in campo: tranquilli andrà tutto bene”.
Oh, l’hanno già presentato? Domani, alle 17. “Il Circo Massimo sarà uno spettacolo!”. Ma va, gli hanno dato il Flaminio. “Ah. Vabbè. Poco male: in fondo so’ passati 14 anni da che Traiano ha finito di ricostruirlo. Il Circo Massimo. Magari va ancora supervisionato”. Sì, apposta il Comune e la Questura hanno negato l’autorizzazione.
E’ così, Roma: il passato glorioso fa capolino in ogni frammento di vita vissuta. E incorona Imperatori a ogni generazione che passa.
La Storia stessa, certe volte, fa tu-tum.
“’Mazza, ‘n’ vedi quelli come se so’ accampati”. Ma no, sono due gazebo. Greenpeace. Sponsorizzano una manifestazione contro il nucleare. Il 28 giugno 2010. “2010?”. Sì. “Ao’: come passa veloce, er tempo”.
E, arrivata sera, pensi solo che quasi imbarazza e mette soggezione.
Accodarsi a Dione Cassio, emulare Marguerite Yourcenar e raccontare di Adriano. L’Imperatore.
Auden Bavaro