Ci sono tanti numeri, ma nessuno è ufficiale perché il comunicato di Italpetroli, richiesto dalla Consob sulla trattativa di vendita della Roma, è chiaro: «Nel rispetto degli obblighi di riservatezza assunti nei confronti dei potenziali acquirenti, non si ritiene di fornire informazioni in ordine al numero delle offerte ricevute e all’identità dei soggetti offerenti». Fuori dall’ufficialità, però, gli spifferi sono molti. Anche troppi. Le offerte sono cinque. Tre erano attese da tutti: il gruppo americano Di Benedetto, Gianpaolo Angelucci, il fondo Aabar. Due erano a conoscenza solo di UniCredit o dell’advisor Rothschild: sono un gruppo misto mediorientale-Usa e un gruppo francese, che è stato liquidato con la definizione «ininfluente». Ma c’è chi ha parlato anche di un gruppo russo. Volano anche cifre: 140 milioni offerti da Aabar, 120 dagli Usa, 90-100 da Angelucci. Ma nessuno può dire se dietro ci sia la verità, anche perché non conta solo la cifra ma anche le condizioni finanziare e giuridiche. Lo spazio di manovra c’è, visto che non servirà l’unanimità anche se è gradita (UniCredit, famiglia Sensi, professor Zimatore) per accettare la proposta migliore per il 67% delle azioni. Non è detto che ci sia una trattativa in esclusiva, ma si potrebbe ridurre ancora la lista e non sono esclusi nuovi contatti con i singoli acquirenti. Angelucci ostenta sicurezza e ha studiato un’offerta che, almeno in teoria, dovrebbe piacere ai tifosi: meno soldi alla banca ma più investimenti nel club. La maggioranza dei tifosi romanisti, però, tifa per gli americani e non per l’imprenditore (sanità ed editoria). Aabar è uno dei primi soci singoli di UniCredit (4,99%) e nel 2009 ha fatto un investimento di 1,95 miliardi di euro per acquisire il 9,1% del gruppo automobilistico tedesco Daimler. Sarebbe il sogno di qualsiasi tifoso. Nonostante il canale preferenziale e diretto con UniCredit si è mosso con enorme circospezione, tanto che il suo nome era stato depennato anche dalle quote dei bookmaker.
Aabar ha sorpreso anche Unicredit
di 1 Febbraio 2011Commenta