Il processo di vendita della Roma si tinge di giallo, assumendo sempre più i tratti del legal-thriller. La voce ha iniziato a circolare dalla nottata di ieri, prima della conferma ufficiale, arrivata direttamente da Abu Dhabi: Aabar non ha formulato nessuna offerta per l’acquisto della Roma. A smentire quanto era trapelato (da fonti più che accreditate) nelle ultime ore, è Mohamed Al-Husseiny, Chief Executive Officer del fondo azionista al 4,99 per cento di Unicredit. “Sono in grado di confermare che i recenti colloqui e speculazioni su Aabar interessato di acquistare l’AS Roma sono infondate: Aabar non ha presentato un’offerta di acquisto per la Roma e non intende farlo in futuro”. Un terremoto. Linee incandescenti sull’asse Roma-Milano, dove uffici legali e finanziari sono sollecitati sulla vicenda fin dalla prima mattinata. Lo studio legale DLA Piper conferma l’offerta – economicamente concreta ma non strutturata, sembra – della Claraz SA (di cui è advisor). Una società “veicolo” che dal Lussemburgo fa riferimento a vari fondi di investimento. Considerata la smentita di Aabar, si deve escludere che il fondo di stato di Abu Dhabi sia tra questi. Resta da capire chi ci sia dietro (e si inizierà a farlo da domani nella riunione tra Rothschild, Unicredit e Roma 2000).
LA FUGA DI SOROS – Per ora, resta la preoccupante somiglianza, almeno per la provenienza dei soggetti in corsa, con un’altra storia: primavera 2008, il magnate americano Soros e la famiglia Sensi a un passo dalla firma su un accordo che avrebbe vestito di stelle e strisce la Roma in cambio di 283 milioni. Prima che una misteriosa mail annunciasse il rilancio di un fantomatico emiro arabo pronto a versare 300 milioni. Mossa che indispettì gli statunitensi facendo saltare il banco in favore della permanenza sulla poltrona di Trigoria della famiglia Sensi. Una mossa pagata però a carta prezzo dalla Roma e dalle sorelle Sensi: da quel giorno per Italpetroli è cominciata una lunga stagione di probemi, culminata con la vendita forzata a Unicredit per l’incapacità di pagare i debiti accumulati.
AFFARI E POLITICA – Ma chi ha avuto interesse a far credere che Aabar fosse sceso in campo per la Roma? Oggi come ieri, l’inserimento arabo ha rimescolato le carte: un’asta al rilancio, infatti, avrebbe potuto spingere il gruppo americano di Di Benedetto, che la scorsa settimana ha discusso con Unicredit a New York i termini di un accordo di massima, a ritirare l’offerta lasciando in corsa il solo Antonio Angelucci imprenditore nella sanità, editore del “Riformista” e di “Libero” e deputato del Pdl. Un nome, poco amato (eufemismo) dai tifosi, ma molto gradito all’establishment e alla politica romana. Ambienti che non vorrebbero restare fuori dalla gestione del problema Roma: c’è una campagna elettorale alle porte e la vetrina calcio in Italia ha sempre pagato. Il gruppo Angelucci in questa fase cruciale della trattativa sa di poter contare sull’appoggio politico che può contrapporre alla proposta americana certamente più ricca e imprenditorialmente più valida: se Di Benedetto e soci si fossero “spaventati” dall’arrivo dei fantomatici arabi non sarebbe certo dispiaciuto al “re delle cliniche”.
DOMANI LA RISPOSTA – A questo punto, una risposta definitiva è attesa domani dalla prima riunione tra Rothaschild, Unicredit e il cda di Roma 2000 di cui fa parte anche Rosella Sensi. Nel corso della riunione si dovrà iniziare a valutare le offerte e a rispondere a chi – forse anche la Consob – chiederà ufficialmente chi ci sia dietro l’offerta Claraz. Ma anche sul perché del nome di Aabar. Il giallo continua.
Cessione Roma: giallo sull’offerta araba
di 2 Febbraio 2011Commenta