L’emorragia di spettatori e la perdita di competitività a livello internazionale (certificata in modo inoppugnabile dal ranking Uefa) sono gli ultimi sconfortanti segnali della crisi del calcio italiano. Una crisi dovuta soprattutto allo squilibrio delle fonti di ricavo, dove i diritti televisivi la fanno da padrone a discapito di altre voci di bilancio tradizionalmente più idonee ad incentivare l’abituale frequentazione degli stadi: “Sicuramente il marketing e il merchandising sono meno considerati in Italia rispetto a quanto avviene in Inghilterra, Germania e nella stessa Spagna – sostiene Nicola Pongetti, responsabile dell’area commerciale dello Studio Ghiretti e tra i massimi esperti di marketing e consulenza sportiva – In questi Paesi non si arriva alla perfezione del 33% per ciascuna voce di ricavo (ticketing, sponsorizzazioni e diritti tv), ma i ricavi da marketing superano abbondantemente il 25%, laddove in Italia la media è al di sotto del 15%. Le cause di questa situazione sono molteplici. Si è sempre privilegiata la vendita di calciatori come prima fonte di introito, e così nessuno ha investito nella formazione e nelle strutture di marketing, focalizzato soltanto in termini di visibilità. Il risultato è che pochissimi hanno una struttura di marketing funzionale e strutturata in modo da rispondere alle esigenze dei club. Lo sport è visibilità, ma anche community, tifosi, territorio”.
Stadi di proprietà, secondo Pongetti, risolverebbero parte delle questioni derivanti dal disequilibrio delle fonti di ricavo, oltre che i ben noti problemi legati alla sicurezza: “In Italia scontiamo un problema di strutture che è diventato ormai quasi insopportabile. Gli stadi, che da noi rappresentano una voce di costo, negli altri paesi sono un’ importante fonte di ricavo. Magari non così straordinaria come si dice, ma se non altro non c’è un segno negativo. Attraverso lo stadio si possono creare molteplici strutture per ottenere introiti. Da noi le ospitality sono un concetto primordiale: il massimo che si può vedere è uno spazio con servizio di catering e 3-4 hostess. Le società che lavorano meglio da questo punto di vista sono le solite: Milan, Inter e Juventus; ma nel complesso siamo ancora molto indietro”.
Altra carenza evidente, la bassa internazionalizzazione del nostro sistema calcio: “I mercati dell est sono superappetibili – afferma il manager sportivo – Le squadre inglesi lo hanno capito da anni e stanno facendo politiche che aggrediscono queste nuove frontiere per ampliare i bacini di sviluppo. In Italia, la squadra che ha interpretato meglio questo filone è il Milan; basti vedere la presenza di sponsorizzazioni a carattere internazionale, la Fly Emirates su tutte. I club inglesi sono comunque maggiormente appetibili, perchè hanno una connotazione internazionale molto forte. Una soluzione potrebbe essere sviluppare le tourneè estive, che rappresentano un’ottima fonte di reddito. Da noi un tentativo organico in tal senso si è fatto con la disputa della Supercoppa Italiana a Pechino due anni fa. Non si tratta di un’iniziativa isolata, poiché l’accordo stipulato dalla Lega Calcio prevede che la coppa si disputi in Cina 2-3 volte nei prossimi 5 anni. L’operazione è stata fatta per dare visibilità e perchè il calcio italiano è uno dei prodotti televisivi che tira maggiormente”.
Da diversi mesi si sta parlando del possibile acquisto della Roma da parte di grossi investitori internazionali; potrebbe essere questa la breccia per creare una nuova mentalità imprenditoriale nel sistema calcio italiano? “Io dico che non dobbiamo aspettare i grossi investitori mondiali per far crescere il nostro calcio, ma far crescere il nostro calcio per attirare risorse dall’estero – sostiene Pongetti – E’ anche vero che l’interesse per i top club c’è e la Roma è un brand fortissimo, conosciuto ovunque, che rappresenta una delle città più belle del mondo: è un nome dalla forza di internazionalizzazione fortissima e sicuramente può essere appetibile. Chi comprerà la Roma dovrà lavorare molto sul brand e sviluppare strategie del club relative allo stadio e al marketing, quest’ultimo naturalmente inteso non soltanto come vendita degli spazi pubblicitari. Personalmente, mi auguro che una grande realtà come la Roma possa avere in un futuro non molto lontano la visibilità e l’importanza che merita”. Ce lo auguriamo anche noi.