Il ricorso alla memoria lascia intendere che Daniele De Rossi non avrà dormito. Succede sempre, alla vigilia di un derby. L’ostiense evita ogni sorta di ritualità mondana e si lascia trasportare verso la stracittadina alle porte con il solito problema d’insonnia. Che penserà. Se un mediano sogni il gol decisivo o l’assist pennellato, se immagini di non far toccare palla al centrocampo avversario o ripercorra i fotogrammi custoditi nel bagaglio. Che penserà. Aggrappato al passato più glorioso o proiettato verso il bello che deve ancora venire. Chiude gli occhi, Capitan Futuro, e prova a prendere a pugni una notte – tra le più lunghe – con cui convivere. Passerà. Ma intanto il fermo immagine del mare di Ostia si fa nitido. Prendi la sabbia in un pugno, a volte, e la getti davanti: decide il vento.
E in casa De Rossi, il 24 luglio del 1983, spirò una folata giallorossa a impregnare quei 6 chilometri di lungomare. Fiocco azzurro, nasce Daniele. Passerà. E nell’attesa si srotolano le aspettative di un frammento della costola della capitale che s’adagia sul Mediterraneo. Per i romani è il Capitan Futuro della Roma, per gli italiani è già bandiera del calcio nostrano, per tutti è uno degli ultimi esemplari rimasti di calciatore capace di incarnare qualità e quantità, ferro e fosforo, estro e tecnica. Rannicchiato, come per dormire, ma con gli occhi spalancati, quasi a essere lì lì per tirarsi su. E’ notte anche in casa De Rossi ma nonostante i fiumi di parole spesi per tenere a battesimo Marco Borriello; al di là della carica che ha voluto trasmettere ai compagni scegliendo con criterio perfino la mimica; sebbene la vita dello spogliatoio, negli ultimi tre giorni, imponesse a De Rossi il dispendio di energie richiesto a un leader riconosciuto. Includendo perfino ciò, la notte della vigila è un avambraccio del giorno dopo verso cui Capitan Futuro pare già proiettato. Non c’è stanchezza, non c’è paura. Semmai vagonate di aspettative interessate, la sensazione di doverne accontentare parecchie, una capriola abbozzata a mezz’aria tra i derby impolverati e quelli imminenti che piano piano diventa una rovesciata sognata a occhi aperti. Stacco, contatto, tiro. Poi, a capo chino, il punto di osservazione diventa congeniale a mettere in bella vista la fascia che giganteggia sul braccio sinistro. Sarà speciale ancora di più, il primo derby con la fascia da capitano. Come fai a prendere sonno, certe volte.
De Rossi, in nove stagioni da professionista, ha incontrato la Lazio in tredici circostanze e il bottino evidenzia sei vittorie, tre pareggi e quattro sconfitte.
Un solo gol fatto, in occasione dell´ultima sconfitta romanista nella stracittadina dell´11 aprile 2009 (persa 4-2). Nelle sue 227 partite finora disputate in serie A, dopo l´Inter, la Lazio è l´avversario che ha affrontato più volte. In questo campionato ha giocato sei partite, per un totale di 488 minuti: tre assenze e due sostituzioni. Daniele De Rossi da Ostia ha già un palmares di tutto rispetto: In Italia, 2 Coppe Italia e 1 Supercoppa Italiana; con la Nazionale è già campione del mondo sotto il cielo di Berlino nel 2006 ma può vantare anche un bronzo olimpico (Atene 2004) e un Campionato Europeo Under 21 (Germania 2004). Ferro e fosforo, estro e tecnica. Chiude gli occhi. Prima ci sta la Roma; e dentro la Roma, Ostia; e dentro Ostia, il mare; e dentro il mare, il lungomare Duca degli Abruzzi. Che da lì, certe volte, lo senti che ulula. Il mare. E dentro il mare, la Lupa. Per volontà popolare. Messa in archivio l’ennesima notte che si affaccia a un giorno mai uguale agli altri, De Rossi avrà immaginato di tutto. Tutto, senza dimenticare il 18 aprile. Quando prese parte ai festeggiamenti di una vittoria in rimonta senza esserne protagonista sul campo. Fuori dopo 45′ per scelta tecnica. Sfumature, per carità. Ma dalle sfumature si partoriscono i capolavori. Daje capità. “Un giorno mi piacerebbe indossare la fascia da capitano della Roma. Se penso a quel giorno, però, provo anche un po’ di tristezza perchè vorebbe dire che Francesco ha deciso di smettere“. E’ un assaggio, sia chiaro, ma quel vessillo giallo su casacca rossa che s’adagia sul bicipite di De Rossi la dice lunga. Prendi la sabbia in un pugno, a volte, e la getti davanti: decide il vento. E in casa De Rossi, il 24 luglio del 1983, spirò una folata giallorossa a impregnare quei 6 chilometri di lungomare. Fiocco azzurro, nasce Daniele. Capitan De Rossi, dopo la notte più lunga di novembre. Ti volti a destra, e sogni; giri il collo a sinistra, e immagini. Poi, quando mancano spiccioli di tempo, al derby ci arrivi così. Senza renderti conto. Sbucherà dal tunnel per primo, di fianco a Mauri. E, sebbene l’abitudine gli confonderà le idee per i primi istanti, dopo qualche minuto capirà che l’incitamento della Sud verso il suo capitano – stavolta – è tutto per lui. Gli verrà chiesto di riempire d’orgoglio Totti e la Roma. Daje, capità.