L’opera letteraria di Giovanni Bianconi e Andrea Salerno rivive la vita di Agostino Di Bartolomei, indimenticato campione giallorosso, e si arricchisce di una prefazone d’autore, cvisto che a scriverla è stata Luca Di Bartolomei. Figlio di cotanto padre. Il titolo del libro è “L’ultima partita, vittoria e sconfitta di Agostino Di Bartolomei“, ne parla Il Corriere della Sera:
Caro Ago. Il libro comincia così, ma quella frase che potrebbe avere scritto chiunque, perché Agostino Di Bartolomei era ed è caro a chiunque abbia avuto e abbia a cuore la Roma, ha una forza unica. Perché a scriverla, nella meravigliosa introduzione a quel bellissimo libro che è «L’ultima partita, vittoria e sconfitta di Agostino Di Bartolomei», ripubblicato nei tascabili Fandango (210 pagine, 10 euro) a dieci anni dalla prima edizione, l’ha scritta Luca Di Bartolomei. Il figlio di Ago. Non ce ne vorranno gli autori, Giovanni Bianconi e Andrea Salerno, ma quelle cinque pagine aggiunte adesso, scritte nel luglio 2010, sono davvero un valore aggiunto che «pesa» quanto le 200 che seguono e che, a distanza di anni, non hanno perduto un briciolo del loro valore. Luca, il figlio di Ago, sublima quello che Bianconi e Salerno avevano a suo tempo sfiorato: il mistero di un uomo che nessuno, forse, aveva davvero conosciuto fino in fondo.
Nelle righe scritte dagli autori dominava il rispetto, in quelle scritte da Luca tracima l’amore, che di tutti i sentimenti è il più forte. Questo è «L’ultima partita»: un libro di amore. Amore per una squadra, per una città, per una maglia, per un sogno, per quello che non riusciamo a comprendere. «Con noi eri solo Ago – scrive il figlio – Quello delle domeniche in barca per andare a pesca… Quello che nonostante tutta la mia incazzatura e tutto il vuoto che mi ha lasciato dentro riesco sempre a perdonare perché ho conosciuto tutto il suo amore. Mi manchi Ago. Ecco, volevo solo dirtelo ancora una volta». «L’ultima partita» è un libro serio, ma è tutt’altro che un libro triste. Racconta la storia di un ragazzo che si fa uomo e che chiude la sua vita con l’atto più imperscrutabile: il suicidio. Non è quello che leggeresti sotto l’ombrellone, al posto delle parole crociate. Ti chiede un impegno, come le storie importanti, ma in cambio ti dà molto. Compreso qualche momento di profonda nostalgia per il calcio che fu, come quando a pagina 70 si legge: «Alla prima di campionato, il 7 ottobre 1973, la nuova Roma si presenta all’Olimpico, davanti a un pubblico sempre appassionato, nonostante le continue delusioni. Cinquantamila persone sono venute ad assistere alla sfida con il Bologna». Sì, avete letto bene. Il campionato cominciava il 7 ottobre e, fin lì, c’erano al massimo qualche amichevole e il primo turno della Coppa Italia. Si arrivava allo stadio in piena crisi di astinenza da pallone, era una festa attesa quanto il Natale. Sì, avete letto bene. Cinquantamila per la partita contro il Bologna, con la prospettiva di arrivare quinti in campionato se andava bene e di lottare nei bassifondi se andava male. Ma nessuno avrebbe barattato lo stadio con la tv. Ci manchi, Ago. Manchi tanto anche a noi.