Finita la prima stagione di una Premier League non particolarmente entusiasmante per il Liverpool e per Alberto Aquilani, il centrocampista romano si lascia andare con i giornalisti de La Gazzetta dello Sport e interviene a proposito di svariate tematiche: la partenza di Rafa Benitez, il mercato di Daniele De Rossi, la voglia di Roma, il matrimonio, Josè Mourinho e i Beatles. “Un giorno – assicura Aquilani – tornerò nella Capitale”. Testuale:
Il primo anno a Liverpool di Alberto Aquilani si ripercorre con i titoli di alcune canzoni dei Beatles, il gruppo simbolo della città inglese. «Help», aiuto, quando nei primi mesi Alberto faticava a mettersi alle spalle l’operazione alla caviglia. «Don’t let me down», non mi lasciate al mio destino, quando la scommessa sembrava perduta. «You can’t do that», non puoi farmi questo, Rafa Benitez, non puoi lasciarmi fuori dopo che hai voluto portarmi quassù. «Something», qualcosa sta accadendo, forse è la svolta. «Let it be», così sia: il finale di stagione è stato in discesa. E non fa niente che alla fidanzata, Michela Quattrociocche, abbia deciso che per il matrimonio ( «Il 2012 può essere l’anno buono») Roma sia meglio di Liverpool.
Alberto, un anno lunghissimo.
«Non è stata facile, ma sono soddisfatto. A Liverpool mi trovo benissimo. All’inizio ho pagato il conto dell’infortunio, ma ora il peggio è passato. A Liverpool mi hanno trattato bene. Grande città, più bella di quanto si creda. Grande pubblico, caldo, ma rispettoso. Grande gruppo, mi trovo bene con tutti».
Come va con l’inglese?
«All’inizio è stata dura, parlavo un inglese scolastico. Hostudiato e mi sono aiutato con la tv. Ora riesco a farmi capire e a capire. Sono in difficoltà solo con Gerrard e Carragher: hanno un inglese stretto».
Rafa Benitez?
«Grande allenatore. Un tecnico moderno, attento ai dettagli. È uno studioso di calcio, prepara le partite con estrema cura».
Un altro Mourinho.
«Hanno la stessa cultura. Per me Mourinho è il miglior allenatore del mondo e Benitez viaggia a quei livelli».
La Roma sempre nel cuore?
«Sempre. Potevo lasciarla solo per giocare all’estero».
Contatti con i vecchi compagni, Totti tanto per fare nomi?
«All’inizio ci sentivamo spesso, poi la distanza e gli impegni hanno allentato i contatti».
Lasciare Roma e la Roma per un romano sembra uno sforzo titanico.
«A volte si esagera. Non è facile allontanarsi da Roma, ma quando la professione ti impone delle scelte, non è una tragedia. Per me andare a Liverpool è stato un arricchimento: nuova lingua, nuova cultura, nuova esperienza. Poi un giorno tornerò».
A chiudere la carriera a Roma.
«È presto per fare certi discorsi».
Ora il tormentone del possibile addio riguarda De Rossi.
«Credo di sapere che cosa gli passi per la testa e come si senta. Daniele deve essere libero di fare le sue scelte».
È cominciato il Mondiale che poteva essere il suo: rimpianti?
«La lunga sosta mi ha penalizzato. Il silenzio mi ha fatto capire da tempo che non c’erano possibilità. Da quando sono a Liverpool, non ho mai ricevuto una telefonata dall’ambiente della Nazionale».
È nata la Roma di Ranieri.
«Ranieri ha fatto un grande lavoro, ma credo sia giusto non dimenticare che Spalletti aveva dato tanto alla Roma».
Il fascino della Premier League?
«L’atmosfera, i campi perfetti, lo spirito».
Il fuoriclasse numero uno?
«A parte Torres che è un mio compagno di squadra, Rooney. È fantastico».
Dopo un anno di Liverpool, come siamo messi a Beatles?
«Non è il gruppo della mia vita per una questione di età, ma a Liverpool ho imparato a conoscerli e ad amarli. Con gli amici che mi vengono a trovare, i luoghi storici dei Beatles sono una tappa fissa».