Da La Gazzetta dello Sport:
Se il cuore di Dio è giallorosso – è la conclusione cui arrivò Toninho Cerezo guardando la Sud e cogliendo la portata religiosa del romanismo -, non c’è ragione di tanto accanimento. Perché soffrire così? Quali altre colpe dovranno espiare i romanisti prima di vivere in pace? Quanti altri attimi sfuggiranno? Forse il peccato originale da scontare, probabilmente per l’eternità, è il fatto stesso di aver scelto la Roma e di essersene innamorati. Il romanista lo sa e ne fa motivo d’orgoglio, un aspetto della propria «diversità».
Lo disse anche Ago. «Esistono i tifosi di calcio e poi esistono i tifosi della Roma». Lo dicevano in tanti, domenica, uscendo dallo stadio, come se non si fossero aspettati altro. «Certe notti fanno parte della nostra storia. Anche per questo siamo romanisti». Mai più. C’è un elemento che rende più tragiche queste notti, averle vissute tutte a casa propria, dove ci si attende ogni volta maggiore protezione, mentre dopo, puntualmente, ci si ritrova a dire: «mai più vorrò vedere qualcun altro festeggiare all’Olimpico, mai più soffrirò tanto in casa mia». Perciò, nella classifica del dolore romanista – l’hanno fatta tutti in queste ore di tristezza e masochismo -, Roma-Sampdoria rischia di finire sul podio.