Bertagnoli e Floccari: Sergio a confronto

di Redazione 1


Da Il Romanista:

È stato un giorno lungo di nuvole e sole. Come se notte e giorno si guardassero allo specchio. È iniziata con la luce è finita di notte (e forse non è ancora finita). Lo vedevi dall’inizio che non c’era un’aria normale. Vabbè c’era il derby ed è sempre diverso quel giorno, però questo Lazio-Roma era già diverso da tutti gli altri derby diversi. Lazio-Roma 1-2, 18 aprile 2010, per qualcuno è stato il derby più importante di sempre, di tutti quelli giocati, di quelli attesi o immaginati. E lo vedevi dall’aria. Le prime impressioni sono quelle che contano e quel rosso, dal calzettone al colletto, acceso, vivo, forte, a tinta unita dei giocatori nel riscaldamento spiccava in maniera diversa in tutto quel bianco slavato, candegginato, dei laziali. L’impressione immediata nel riscaldamento è che noi eravamo veramente la Roma. Il presidente (e la Sensi era a sorpresa presente), l’allenatore, il capitano e il vicecapitano. Tutti romani e romanisti. Era il derby della romanità e soprattutto all’intervallo lo è stato. Soprattutto quando c’è stato il doppio cambio lo è stato, perché è stato letteralmente un cambio doppio. Allo specchio. Non solo perché Ranieri ha marcato una volta e per sempre la sua grandezza (la sua romanità, appunto), ma perché in un derby del genere, in cui la squadra comincia a giocare in ritardo contemporaneamente al “ritardo tecnico” della sua gente ci voleva un ulteriore collante: due giocatori in Curva Sud. Totti e De Rossi che sono la Sud in campo, se ne sono andati sugli spalti e a quel punto è il settore che è sceso in campo. La romanità è una categoria e una filosofia e fa soprattutto rima con generosità. Totti e De Rossi quello hanno dimostrato. Nel momento in cui sono stati sostituiti hanno cominciato a giocare. L’Olimpico è diventato il paese delle meraviglie. Non è stato un caso che la Curva Sud abbia fatto una seconda coreografia – e stavolta puntuale all’ingresso delle squadre – all’inizio del secondo tempo: c’erano Francesco e Daniele che srotolavano lo striscione, che alzavano i cori, che incoraggiavano i giocatori. E’ stato tutto un gioco di specchi. Nuvole e sole. E tutto questo ha avuto un inizio. C’è stato un punto, il momento in cui Alice ha attraversato lo specchio, in cui il derby nel nome di Roma ha finalmente risposto a tutte le domande. Il calcio di rigore di Floccari. Lui contro Bertagnoli. Lì i destini si sono guardati e hanno girato nella parte giusta, s’è deciso l’attimo dello sliding doors. Allo specchio. Pochi se ne sono accorti, ma nel derby del nome di Roma, in quel momento, c’erano due giocatori, Bertagnoli e Floccari che avevano lo stesso nome: Sergio. Da ieri forse Vucinic ha deciso come chiamerà suo figlio.


Commenti (1)

  1. Ha, this article is a fucking joke!

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