Paolo Liguori ad Asromalive.com: “Lazio-Roma, niente pronostici. Totti, Toni e Vucinic decisivi. Ranieri–Mourinho, il testaccino già vincitore morale”

di Redazione Commenta


 Avevo pensato fin da subito di evitare il domandone che avrebbe precluso ogni buona impressione a distanza “di cornetta”. Quello del pronostico. Ma Paolo Liguori, come i lupi di mare avvezzi ai pericoli dei flutti, s’è cautelato da solo. E’ bastato che dicessi di non potermi esimere dal porre un paio di domande. Scontate. Dev’essere per questo che ha virato con la prontezza degli uomini di fede calcistica navigati per dirmi otto parole: “Il pronostico non si fa. E’ un derby”.
Confesso allora che in quel momento m’è presa la fantasia di fare a cazzotti con la lancetta dell’orologio per  trasporre gli eventi del contesto temporale: senza più l’uniforme che si addice a un docente di Editoria Multimediale con cui me l’ero immaginato, l’ho rivisto in calzoncini corti a sgolarsi in curva Sud. Per l’inevitabile associazione mentale secondo cui l’eterna promessa di matrimonio fatta alla Roma da Liguori fosse passata, inevitabilmente, attraverso la porzione dell’Olimpico che sta ai giallorossi come i “Fatti e Misfatti” si cuciranno “sempre e per sempre” tra le dita del direttore del TgCom.
Non è scaramanzia. Non posso fare l’indovino perché in un derby non esistono pronostici: non sempre vince il più forte, ogni incontro è storia a sé. In questo, il calcio non somiglia affatto a sport quali il basket e la pallavolo, dove non puoi fare risultato senza la rosa migliore. Aggiungo: un conto è il campionato, un conto la stracittadina; una cosa è Roma-Lazio, un’altra ancora Lazio-Roma. In ogni caso, a voler trovare una caratteristica, il derby è una gara che si aggiudica quella tra le due formazioni che riesce a trovare la chiave di lettura fin dai primi istanti: fai stop dopo i venti minuti iniziali del cronometro e hai capito chi si porta a casa i tre punti”.
Nonostante l’aplomb, a prescindere dall’esposizione pulita e fluida che fa parecchio “Direttore da mezzobusto”: mi colpiscono passione e senso di appartenenza. Ancor prima di ogni ritualità, ancor più di qualunque dettaglio propiziatorio. Lo stesso trasporto di quarant’anni fa – credo io – con le sole differenze che: crescendo, le emozioni si impara a gestirle; studiando una vita, si apprende anche la virtù di mascherarle.

Ne ricordo tantissimi, di derby; da ragazzino stavo in curva. Gli anni di Manfredini (attaccante della Roma dal 1959 al 1965, ndr), quelli di Lojacono (Francisco Ramon, mezzala giallorossa dal 1960 al 1963: un “nove e mezzo” sul campo da calcio con tanto di 10 e lode in quello sentimentale, chiedere – tra le altre – a Claudia Mori), il più recente e rotondo 1-5 (poker di Montella e gol di Totti, ndr) nell’anno successivo allo scudetto del 2001. Non so ancora se domenica sarò allo stadio: vorrei andare, decideranno gli impegni di lavoro”.
Tutto il fermento genuino di Roma, per una settimana almeno città del calcio “per eccellenza” nella quale poche altre volte un derby ha avuto un significato tanto importante anche in virtù dei traguardi stagionali, e dietro l’angolo la stonatura di Calciopoli. O Nuova Calciopoli. O Calciopoli 2. Provare a discutere contemporaneamente di entrambe le cose vuol dire produrre dissonanza. Avrei evitato di dirlo, ma ormai gliel’ho chiesto.Due parole? Va bene anche una…
Guardi, penso che la verità emersa in questi anni, seppur possa sembrare carente o parziale in alcuni aspetti, rappresenti pur sempre la verità. Limitata magari, ma a tal punto esatta che ritengo sia stata individuata e colpita la testa della Cupola. La giustizia ora continua a fare il suo corso anche se francamente non vedo come un processo penale possa stabilire se le partite venissero o meno contraffatte”.
Classe 1949,
Liguori precede di 8 giorni (nasce il 6 giugno) il “parto” di Cortemaggiore, quando l’Italia si scopre impregnata di metano. Roma negli anni Cinquanta pulsa del fermento artistico garantito dall’industria cinematografica: sbocciano pellicole e attori alla stessa velocità con cui lo sviluppo urbanistico modifica la struttura territoriale. La crescita economica contribuisce a determinare incremento demografico, l’espansione arriva a coincidere con la trasformazione dei quartieri periferici in aree urbanizzate e sempre meno distanti dal “caput mundi” del nucleo centrale. Vengono ultimati i lavori della Stazione Termini e del Raccordo Anulare, si accoglie il mondo intero per lo svolgimento dei giochi Olimpici. La Roma dei mitici Sixties è una squadra da metà classifica, la Lazio di quel periodo oscilla tra serie A e cadetteria. Il tifo per l’una o per l’altra squadra è una selezione naturale a cui hanno pensato anche la geografia e il ceto sociale: tra il Flaminio e Rione Prati si concentravano i laziali (classe media); Testaccio era il quartiere popolare che rispecchiava fedelmente il tifoso giallorosso. Paolo Liguori è romanista di primo vagito e marchia il proprio percorso formativo a suon di derby. Dall’entusiasmante 0-4 del 13 novembre 1960 (tripletta di Manfredini e rete di Orlando) al  4-2 biancoceleste dello scorso anno, passando attraverso l’en plein della Roma che nel 1974-1975 vinse tre derby su tre (compreso uno di coppa Italia) tutti con il punteggio di 1-0: 50 anni di storia calcistica a fare il paio con venti lustri di corso socio-economico dell’Italia. Da Amintore Fanfani a Silvio Berlusconi; dal mancato (con coda di polemiche) Leone d’Oro a Luchino Visconti per “Rocco e i suoi fratelli” nel corso della 25esima Mostra del Cinema di Venezia all’ultima vittoria di “Lebanon” dell’israeliano Samuel Maoz; il latte, da 90 lire al litro a quasi un euro e cinquanta. Stringendo l’obiettivo su Liguori, cinque decenni passati così. Il tempo – tra quisquilie e istanti indelebili – di spostarsi dalla Sud alla Tribuna Vip.
Ma una Roma tanto forte, compatta, equilibrata nei reparti e interessante come quella di adesso non mi viene in mente. Di scudetto non si parla: finora è andata bene anche perché l’argomento lo si è evitato. La città ha vissuto tutto senza fare rumore mentre la squadra ha tenuto un profilo altissimo sotto il piano della sostanza senza perdersi in evanescenti squilli di tromba: ha collezionato una serie di numeri utili impressionante che è figlia del lavoro di un professionista serio e preparato come Claudio Ranieri. Il mister ha preso la Roma quando la classifica, alla voce punti, indicava uno zero spaccato e l’ha portata fino al primo posto. Una scelta, quella della dirigenza, che ha pagato oltre ogni aspettativa: la volontà operaia del testaccino e l’orgoglio di un romano che tifa Roma da sempre, hanno inciso su un gruppo di qualità eccelsa che aveva smarrito la bussola. Ora stiamo ammirando una formazione completa e capace di coniugare l’attenzione difensiva che contraddistingue le formazioni di Ranieri con la propensione offensiva e lo spumeggiante gioco d’attacco cui ci aveva abituati Luciano Spalletti”.
Nonostante il punto di vantaggio sull’Inter, la parola era e rimane quella. Sogno.
Abbiamo cominciato la stagione senza una campagna di rafforzamento, l’unico innesto di un certo livello è stato quello di Nicolas Burdisso che l’Inter ci ha messo a disposizione quasi per pietà: erano le lamentele di Spalletti e il motivo dei dissapori con la dirigenza, erano le critiche avanzate dai tifosi in contestazione”.
Ora ogni divergenza si è sopita
.
Grazie ai risultati. Le proteste della tifoseria erano legate proprio alla mancata progettualità e l’impossibilità di partecipare al calciomercato era dovuta ai debiti maturati dalla società: se c’erano prima, adesso non ci sono più? Piuttosto, è evidente e normale che l’entusiasmo consenta di mettere da parte ogni polemica per fare posto a una comunanza di intenti con cui affrontare la volata conclusiva”.
In più, rispetto a qualche settimana fa, la possibilità di schierare il tridente.
Senza dubbio, anche se l’opzione va ponderata per bene. Una partita alla volta. Occorre conservare gli equilibri, sfruttare nel migliore dei modi le doti di un centrocampo pronto a coprire e sacrificarsi. Senza dimenticare che, seppure disgiuntamente, i tre fenomeni che stanno davanti hanno già contribuito in maniera significativa alla marcia priva di battute d’arresto. Per la prima parte di stagione la Roma è stata Totti-dipendente e il Capitano, da solo, ha consentito alla squadra di recuperare punti importanti. In una seconda fase, coincisa con l’arrivo di Toni, proprio l’ex bavarese ha garantito il salto di qualità mettendo in mostra tutta la voglia di Mondiale. Infine, ed è storia recentissima e attuale, un Vucinic in condizioni di forma mai viste è stato in grado di prendere per mano i compagni”.
Decide Mirko
?
Decidono tutti: certo, lui è quello che sembra stare meglio. Senza dimenticare che Totti è al rientro e probabilmente deve ancora recuperare totalmente. Potrebbe essere al top proprio nel finale”.
Roma e Inter. Di qua Menez e di là Balotelli.

Due casi assolutamente differenti. L’interista è uno sanguigno, di carattere, difficile da gestire. Ma deve giocare perché ha mezzi e numeri. Il francese è semmai l’opposto: in questo caso, il compito delicato dell’allenatore è quello di trasmettere gli stimoli necessari a scuoterlo prima di tutto mentalmente”.
Ancora cinque partite.

Bisogna farsi trovare pronti. Il fattore psicologico conta tantissimo ma Ranieri nella gestione dello spogliatoio ha confermato di essere tra i migliori. Nulla di nuovo rispetto a quanto fatto vedere alla Juventus dove aveva collezionato altrettanti risultati positivi. Anzi, lì ha fatto miracoli e a questo punto lo sanno anche i vertici bianconeri. Rimpatriato dopo un viaggio del mondo lungo parecchi anni, ha preso in mano una Roma a pezzi. Neanche un punto all’attivo i giallorossi, Ranieri ne ha fatti 68. Parlano i fatti”.
Tanto così da un traguardo che non ha mai raggiunto e che contende a un allenatore, Josè Mourinho, diverso per modo di fare. Fuori e dentro il campo, tatticamente e caratterialmente.
Sì ma ancor prima di qualunque verdetto definitivo, mi lasci dire che Claudio Ranieri ha già messo in valigia una vittoria morale sul portoghese. Il tecnico dei nerazzurri è venuto in Italia e ha iniziato a distribuire insulti come caramelle: a conti fatti, quest’anno l’Inter ha un punto meno della Roma e, analizzando ancora meglio il ruolino personale dei due tecnici, Ranieri ha già fatto quattro punti in più di Mourinho. Il testaccino ha esordito sulla panchina giallorossa dopo le dimissioni di Spalletti (con prima gara ufficiale alla terza di campionato, 12 settembre 2009 Siena-Roma 1-2, ndr), quando i capitolini erano a digiuno: i 68 punti di Totti e compagni sono tutti suoi. L’ex Chelsea, alla seconda giornata chiusa ne aveva già quattro. A conti fatti, sono cinque punti in più a vantaggio di Ranieri. Non solo: sono pronto a scommettere che entro la fine del campionato il trend non si invertirà, semmai aumenterà il divario tra i due in favore del capitolino”.
Che non se ne parli, che non si dica: ma fosse così, è come se l’avesse detto. Con un pentagono di gare davanti che, a unirne le estremità tirando dritta la linea con la matita, un po’ lo vedi. Ricamato sul petto. S…ogno.
Direttore, dicessi Ferilli con spogliarello?
Le risponderei che forse d’estate, in spiaggia, se vede de più… battute a parte, il modo con cui Sabrina cerca di stare vicino alla squadra a me piace. E’ passionale e capace di mostrare tutto il sentimento per i colori giallorossi in questo sottintendere che lei – per la Roma – arriva anche a spogliarsi. Il messaggio di amore e attaccamento è forte e sano. Anche se poi, stringi stringi, o se spoja o nun se spoja…”.


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